Oggi vogliamo ricordare un grande artista semidimenticato, nonostante sia stato uno dei migliori cantautori degli anni settanta. Si tratta di Ivan Graziani, il cui album "I lupi" compie quarant'anni questo gennaio. Dopo la collaborazione in studio e in tour con Antonello Venditti, che aiuta l'amico anche in sede di registrazione, Ivan inizia con "I lupi" la fase migliore della sua carriera. E questo è anche il disco giusto da cui partire se volete approfondire la carriera di questo grande personaggio, scomparso prematuramente nel 1997 a soli cinquantadue anni.
(il disco completo lo trovate qui: https://tinyurl.com/y32ffd6z)
"I lupi", quinto album di Ivan Graziani, nasce nel 1976 durante le registrazioni di "Ullalla" di Antonello Venditti, al quale il cantautore e chitarrista partecipa prepotentemente, aiutando Venditti a realizzare uno dei più interessanti dischi della sua carriera. Infatti, fra i musicisti che collaborano al disco, stanno tutti personaggi del giro di Venditti, col quale poi Ivan era stato in tour dopo il completamento dell'album nell'ottobre del 1976. Claudio Maioli, Hugh Bullen, Walter Calloni e Claudio Pascoli avevano tutti suonato su "Ullalla", mentre Piero Montanari e Derek Wilson facevano parte del gruppo dal vivo di Venditti.
Graziani quindi incide l'album in giro per l'Italia, per poi pubblicarlo nel gennaio del 1977 - con l'onore di una copertina fantastica disegnata nientemeno che da Tanino Liberatore. Si tratta del disco della raggiunta maturità, per il chitarrista, e del disco che apre la migliore fase della sua carriera, quella che copre quattro dischi, il qui presente "I lupi", "Pigro" (1978), "Agnese dolce Agnese" (1979) e "Viaggi e intemperie" (1980).
"I lupi" apre l'album omonimo con un pezzo antimilitarista visto, per una volta, dalla parte dei soldati in ritorno dalla guerra. Non è ben chiaro a quale guerra ci si riferisca, se alla campagna di Russia o alla guerra civile spagnola, ma probabilmente i riferimenti testuali non vogliono individuare un momento preciso quanto dare delle coordinate a una canzone che vuole essere paradigmatica, e che raggiunge livelli di ferocia rari nel panorama musicale italiano ("no signora, no, suo figlio non l'ho conosciuto, no, signora, no - nel sole e sotto il ghiaccio eravamo in centomila e siam tornati solo in sei"). Musicalmente si tratta di un brano drammatico, con un andamento da folk blues acustico in cui emerge la classe e l'intelligenza di Ivan come chitarrista (qui anche alla dobro).
"Motocross" continua nel solco delle vignette agre di Graziani, narrazioni di una chiarezza, limpidezza e crudeltà quotidiana da scoraggiare; storie che avrebbero potuto essere film di Risi o Monicelli come questa: un uomo che firma "un pacco di cambiali" per comprarsi una moto, incontra una ragazza che lo seduce e poi viene derubato della stessa con l'aiuto di due energumeni che lo riempiono di botte. La musica è perfetta per questa piccola storia di criminalità squallida e dura: un 4/4 incalzante con un piano enfatico e la sezione ritmica in pieno controllo del pathos.
Di buon livello anche la successiva "Zorro", che come ci si può aspettare ha un vago andamento spagnoleggiante, con l'acustica di Ivan in primo piano. Arrivano poi due brani dolcissimi, la bella "Ninna nanna dell'uomo", cantata in abruzzese, e quello che, oltre a essere uno dei pezzi migliori del disco, è uno dei capolavori assoluti della carriera di Ivan Graziani: "Lugano addio", ballata indimenticabile dalla musica nostalgica e malinconica, incentrata sul rapporto di amicizia e forse amore tra un giovane Ivan, figlio di un pescatore, e Marta, figlia di un contrabbandiere montanaro, forse ex-partigiano (che canta "Addio Lugano bella", la canzone anarchica scritta da Pietro Gori nel 1895), che conferma ancora il livello eccelso di Ivan come narratore vero.
"Eva" è un folk rock strascicato che traccia un altro splendido e terribile ritratto femminile desolante, forse di una ladra e prostituta eroinomane, con echi della "Lilly" dell'amico Venditti; "Il topo nel formaggio" è un rock incisivo con echi progressivi, anche grazie ai sintetizzatori di Gaio Chiocchio (ex dei Pierrot Lunaire). Ultimo pezzo del disco è "Il soldo", canzone di miseria e crisi che anticipa già le atmosfere del successivo "Pigro", album altrettanto ottimo (sempre che questa locuzione sia accettabile nella lingua italiana).
"I lupi" è uno dei migliori dischi italiani del 1977, punto e a capo.
Va ascoltato con attenzione ed è il disco giusto da cui partire se non conoscete questo assoluto maestro della canzone d'autore italiana, ingiustamente trascurato e dimenticato.
- Prog Fox
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