venerdì 13 gennaio 2017

Flaming Lips: "Oczy Mlody" (2017)

Il 13 gennaio è uscito "Oczy Mlody", ennesimo (e riuscito!) disco dei controversi eroi neopsichedelici Flaming Lips.




(Potete ascoltare l'album completo qui:https://www.youtube.com/watch?v=eFoWPsT4wFc)

Negli ultimi anni, Wayne Coyne (voce, chitarra), Michael Ivins (basso) e Steven Drozd (chitarra, tastiera) sembrano avere deciso di aggrapparsi in tutti i modi a una qualche forma di riconoscimento da parte del pubblico, e questo sembra avere motivato molte delle polemiche nelle quali si sono ritrovati, dall'uso disinvolto del pornaccioso e financo dello pseudosessista nei loro video fino alla controversa collaborazione con la sempre discutibile Miley Cyrus, culminata in un album e in un tour nel 2015, o alla re-incisione "creativa" di album di culto ("Dark Side of the Moon" e "Sgt. Pepper's") e in generale a una prolificità invadente. Al trio dei 'vecchi' si affiancano le nuove leve della band Derek Brown (tastiere, chitarra dal 2009), Matt Duckworth (batteria dal 2014), Jake Ingalls (tastiere, chitarra dal 2013) e Nicholas Ley (percussioni dal 2014).

Al di là delle polemiche, che in un mondo come quello dell'arte e dello spettacolo magari hanno un senso (a me personalmente irritano), quello che conta è come sempre la musica, e qui, per quanto uno vorrebbe magari odiare Wayne Coyne e tifargli contro, non si può che apprezzare anche questa volta.

"Oczy Mlody" ("occhi dei giovani" o qualcosa del genere, parole prese a caso da una traduzione polacca di un libro di Erskine Caldwell, dal quale hanno preso diversi titoli e sottotitoli dell'album) non è un disco semplice: non perché sia di difficile ascolto o comprensione, anzi. È estremamente orecchiabile, caramelloso e quasi melenso nella sua melodicità esasperata, caratterizzato da una melassa sonora che scorre informe come un blob rosa confetto fuori dalle casse. Da apprezzare sicuramente il fatto che il disco sia realizzato con un chiaro programma nella testa di Coyne & soci. È evidente che sanno cosa vogliono ottenere e lo ottengono. Poi che questo possa piacere a tutti è un altro discorso; anzi, certamente i rocker duri e puri, quelli che si aspettano varietà o almeno energia (la cosa che più ci si avvicina è il synth pop ballabile di "One night while hunting for faeries..."), possono rivolgersi altrove. Questo è un disco monotono, informe e avvolgente, con coloriture ambient degli arrangiamenti essenziali, sui quali si innalzano, solitamente uno per volta, la voce di Coyne o uno strumento, a imprimere una direzione al fluido per far sì che la musica non sia solo una tessitura di fondo. Nel complesso, una psichedelia moderna che con elettronica, abbondanza di tastiere e di percussioni elettroniche e campionate si riallaccia soprattutto a opere come quelle di Bruce Palmer o alla "Virgin Forest" dei Fugs (si ascolti "Listening to the frogs with demon eyes",https://www.youtube.com/watch?v=IHMU2K-HYz0), o anche a certo space rock/kraut rock tedesco (Tangerine Dream?) ma smussandone ogni angolo in funzione di un ascolto facilitato.

Descrivere i brani singolarmente non ha quindi tantissimo senso proprio per il carattere programmaticamente unitario dell'album. Tra i momenti migliori però vanno citati "How" (https://www.youtube.com/watch?v=unLnJvzf-So); "Sunrise" (https://www.youtube.com/watch?v=C9ucmQXY1u4); la chitarra morriconiana di "Galaxy I sink" (https://www.youtube.com/watch?v=s9lnCTOcgTQ) con il suo crescendo di archi hermmanniani; o la scontata partecipazione della ormai amicona Miley nel finale di "We a family" (https://www.youtube.com/watch?v=PPyEjQLS85s). Il difetto principale del disco, come quasi sempre in questi casi, è la lunghezza: l'ora di album non è del tutto giustificata, dato che la coerenza interna di "Oczy Mlody" a volte sfiora la monotonia. Però, dato che si tratta appunto di un disco mai sgradevole, il peggio che può succedere è che vi accorgiate che sono passati un paio di brani senza che li abbiate nemmeno sentiti, specie verso il finale.

Quindi pollice in su per "Oczy Mlody" e per i Flaming Lips, ancora una volta. Poi che il disco vi piaccia davvero, è un altro paio di maniche. Al vostro umile recensore, pur con tutte le aggravanti del caso, è garbato.

- Prog Fox

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