sabato 31 dicembre 2016

Gianfranco Manfredi: "Ma non è una malattia" (1976)

Gianfranco Manfredi è un cantautore di Senigallia trasferitosi a Milano, dove si laurea in filosofia e frequenta la redazione di Re Nudo. Oltre alla carriera di cantautore diverrà romanziere, sceneggiatore per fumetti, e sarà autore per Tex, Dylan Dog e creatore di Magico Vento e Volto Nascosto. Ma nel 1976 è ancora soprattutto impegnato come cantautore particolarmente vicino al mondo dei movimenti, e realizza il suo secondo album, "Ma non è una malattia".





Fin dall'apertura, emerge lo stile ironico ed estremamente politicizzato di Manfredi: "Ma non è una malattia" (https://www.youtube.com/watch?v=1DwWOn_geNE) è uno swing rock scatenato, in cui il cantautore difende la propria scelta di vita precaria e incerta a fronte delle critiche di famiglia ed amici ("Mi hanno detto: il tuo vestito sembra veramente usato
non ti cambi mai, mi sembri proprio giù. Beh scusatemi ragazzi, oggi non ho altro da pensare ho il mio abito di dentro da cambiare").

"Agenda '68" riflette autocriticamente su come sia cambiata la sinistra dal 1968 al 1976; complemento essenziale del brano è "Quarto Oggiaro Story" (https://www.youtube.com/watch?v=miLrulYs_E8), satira sarcastica di un impegnato 'per bene' rispetto all'impegnato 'per male': "la tua coscienza politica è proprio scarsa, lo ho visto il Bertolucci, ho visto la Cavani [...] io ci ho qua il Kerouac, ci ho qua il Garcia Marquez ci ho qua il teatro di Fo [...] E tu te legge Agata Criste co' Totonno poro criste"; ma poi vira anche sulla critica ai terroristi di estrazione borghese: "ci ho le guns di plastica di Jasse James e il mitra in simillegno con il fodero in similpelle e proiettili in silmilsalve".

Non c'è veramente nulla che non sia assolutamente politicizzato in questo disco: non c'è alcuna concessione all'individuo o all'amore, se non alla preoccupazione di conciliare il proprio impegno e a trovare una strada propria tra la tentazione della fantasia al potere e quella della rivolta armata ("Io clandestino", ma soprattutto nella ballata "Ma chi ha detto che non c'è", https://www.youtube.com/watch?v=LRn7QPikFqU).

"Ma non è una malattia" è uno dei dischi più estremi e vede la politica e la concezione dell'arte con gli occhi della sinistra extraparlamentare dell'epoca. È un documento a tratti inquietante, visto con gli occhi di oggi, di un momento storico in cui tante persone si domandavano forse con leggerezza eccessiva se fosse giunto il momento di 'fare la rivoluzione'. È molto difficile, dall'anno di grazia 2016, capire quale fosse la posizione di Manfredi a riguardo. Se il cantautore non ha mai scelto quel tipo di percorso, di certo non traspare la condanna della violenza di piazza, così come non era emersa in "Storia di un impiegato" di De Andrè, inciso tre anni prima. Ma l'intelligenza e l'estro di Manfredi, qualunque possa essere lo scetticismo nei confronti delle sue posizioni, rendono l'ascolto del disco - oggi quasi introvabile - una esperienza assai interessante.

- Prog Fox

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