Il 14 dicembre del 1996 usciva "In a bar, under the sea", il secondo full-length dei belgi dEUS, forse il massimo gruppo anni novanta del paese e uno di quelli maggiormente noto sul panorama internazionale. "In a bar, under the sea" fa parte del clamoroso trittico iniziale della loro eccellente carriera.
(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/yxoldnt7 oppure qui: http://www.deezer.com/
Come i diamanti. Proprio come i diamanti di Anversa, loro città di origine. Mille sfaccettature, ma un taglio nettissimo e riconoscibile.
I dEUS dei primi dischi sono questo: perfetti e luccicanti, riflettono e trasmettono mille luci. "Worst Case Scenario" era stato il primo colpo, carati di eclettismo e esercizi di stile, sempre a fuoco e sempre affascinanti.
"In a bar, under the sea" è se possibile ancora di peso maggiore rispetto al precursore.
Questo è un disco in cui è impossibile non trovare almeno qualche angolo di delizia in cui rifugiarsi.
Risalta poi ancora di più il gusto cinematografico di Barman e soci, ogni pezzo sembra una sequenza costruita alla perfezione.
Partono i titoli di testa e ce ne è subito per tutti i gusti: dall'inizio caoticamente ritmato e ossessivo di "Fell off the floor man" alle melodie avvolgenti di "Little Aritmetics"
(piccolo, grande classico), all'inquieto "Theme from Turnpike", all'orchestale graffio sghembo di "Gimmie The Heat" (il bridge a due voci di questa canzone è uno dei momenti più alti del disco).
I dEUS sanno scrivere e sanno suonare grandi canzoni, le sanno comporre e stratificare, le sanno rendere sexy ed irrinunciabili, le sanno fare entrare nella vita di chi le ascolta.
L'ispirazione è plurima: il jazz predomina negli arrangiamenti, ma è ovunque l'uso di una tavolozza ricchissima che pesca da un insieme sterminato di generi.
"Serpentine" e la meravigliosa "Nine Threads" sono lente e suadenti ballate da ultimo whisky sul tavolo, "A Shocking Lack ThereOf" un caleidoscopio noise, la rapida "Supermarketsong" un divertissment lounge di pura classe, "Memory of a Festival" è sghemba, cafona rumorosa ed eccessiva (ma loro se lo possono permettere), "Guilty Pleasures" è sudata e torrida.
Ma fino a qui siamo ancora nell'eccellente ordinarietà: lo straordinario deve avvenire e ce lo racconta la coppia "Disappointed in the Sun" e "Roses".
La prima è quasi una ninna nanna, una disarmata confessione che conduce al cuore pulsante del disco: "maybe taking it another hour then taking away the pain", "under the sea, down here with me I find I'm not the only one".
Ancora una volta il rock ci porta lì, nella solita affollata solitudine delle anime sensibili e "disappointed in the sun".
Giusto il tempo di diminuire i battiti e arriva il capolavoro del disco, la tumultuosa "Roses" (https://www.youtube.com/
Violini sghembi, laceranti accelerazioni, assenze.
"Rose said quote it's time to make a mess / remind me what it is that I do best": il crescendo finale è assoluto e granitico e si conclude mozzandosi in un sospiro di liberazione.
"Wake me Up Before I Sleep" è la giusta conclusione dell'album: un confidenziale e dolcissimo saluto, disarmato e arreso.
Si abbassa quindi il sipario, luci in sala; la musica di chiusura la fanno i tanti, meritati, applausi.
- il Compagno Folagra
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