venerdì 18 novembre 2016

Duran Duran: "Notorious" (1986)

Quando le ragazzine urlanti crescono, devono crescere anche le boy band. I Duran Duran però non sono mai stati una vera e propria boy band. Per il loro cambio di direzione, quindi, si fanno una domanda molto semplice: "Che cosa avrebbe fatto David Bowie nei nostri panni?" E visto che la risposta ce l'hanno, ed è "Let's dance", fanno quello che ha fatto lui: assoldano Nile Rodgers.



(qui potete ascoltare l'album da cima a fondo: https://tinyurl.com/y2ornpnk)

"Notorious" arriva nei negozi il 18 novembre del 1986 tra i peggiori auspici possibili. La copertina è di una bruttezza rara; la band ha perso i pezzi, e li ha pure persi male: il batterista Roger Taylor ha lasciato i Duran Duran perché troppo esaurito, mentre il chitarrista Andy Taylor, stufo di condividere il palco coi vecchi colleghi e innamoratosi di Los Angeles, viene forzato con ingiunzioni legali a tornare a Londra per lavorare al nuovo album - con risultati talmente pessimi che viene lasciato libero di fare quel che vuole e rispedito in California; e il movimento new romantic sta tirando gli ultimi, con la nuova linea commerciale dettata dall'arena rock alla U2 o Simple Minds.

Davanti a questo possibile disastro, i Duran Duran reagiscono in modo totalmente inatteso: trasformandosi in una band di funk pop raffinata e decadente, grazie all'aiuto del chitarrista degli Chic Nile Rodgers, il cui apporto al successo dell'album è davvero incalcolabile.

"Notorious" è uno degli album più riusciti della band: se "Rio" ne rappresenta il vertice glam-giovanile e il successivo "Duran Duran (Wedding Album)" sarà il comeback della maturità, "Notorious" è il momento in cui la band diventa finalmente adulta. Il disco infatti non si regge né su trucchi né su ammiccamenti: si regge solo su se stesso, sulle qualità del terzetto superstite (Simon Le Bon alla voce, Nick Rhodes alle tastiere, il sottovalutato John Taylor al basso) e dei loro tre principali collaboratori, il già citato Rodgers e Warren Cuccurullo (ex-Zappa) alle chitarre, e Steve Ferrone alla batteria.

Il lato A dell'album è semplicemente incredibile (nel senso che ad ascoltarlo non si riesce a credere che siano loro), sia per chi apprezzasse i Duran da prima, sia per chi li disprezzasse. "Notorious", "American Science" e "Skin Trade" sono tre capolavori di funk/r&b che non hanno più nulla a che vedere con una band la cui ultima uscita era stata il singolo "Wild Boys" appena due anni prima. Certo, indicazioni si sarebbero potute trarre dai lavori pubblicati nel 1985 nei side project dei membri della band, ma lo shock per fan e detrattori poteva essere maggiore solo se si fossero dedicati all'heavy metal o alla musica dodecafonica. Dei tre pezzi, "Notorious" è il più ammiccante e da classifica, con fiati in primissimo piano, una chitarra che più funky non si può, coretti femminili e un ritornello irresistibile; "American Science" il più riflessivo, con un bridge malinconico che porta al ritornello ancora una volta dominato dai fiati e soli di chitarra elettrica (tra cui l'unico contributo di Andy Taylor all'album prima di fuggire a LA); mentre "Skin Trade" è l'assoluto capolavoro dell'album, un brano tortuoso e insinuante di sei minuti che mette a tacere chiunque abbia mai avuto un dubbio sulle reali qualità dei ragazzi di Birmingham.

Naturalmente a una seconda occhiata i Duran sono sempre loro: perché la loro personalità non fu mai cosa musicale quanto cosa estetica, e in questo seguirono pedissequamente le orme del loro maestro Bowie (dopo tutto, "Notorious" arriva tre anni dopo lo sconcertante cambiamento del Duca Bianco, che era passato dalla new wave di "Scary Monsters" al dance pop di "Let's dance", e anche lui per farlo aveva assunto i servigi di Nile Rodgers). E dopo lo shock iniziale tornano anche pezzi che ricordano le più usuali sonorità del gruppo, come "Hold Me", che chiude il lato A in modo un po' più rock. Ma questi sono i pezzi più deboli e meno caratteristici, che non riescono mai a rievocare i fasti e l'energia di "Wild Boys" o "Careless Memories".

Molto meglio il pop rock malinconico e più tradizionale di "A Matter of Feeling", o "Vertigo" (come "Notorious" ispirata all'opera di Hitchcock), un brano mid-tempo intelligente e ben costruito che si rifiuta di seguire l'usuale struttura strofa-ritornello.

Il lato B non raggiunge i vertici della prima parte: dopo "Vertigo" abbiamo due pezzi ballabili meno riusciti, come "So Misled" e "Meet El Presidente", che ricalcano senza altrettanta fantasia le orme del lato A; e infine due brani più nello stile classico della band, la discreta "Winter Marches On" e l'accettabile finale di "Proposition". Nulla per cui strapparsi le vesti, comunque.

Se i Duran Duran fossero riusciti a mantenere le promesse del lato A, questo sarebbe stato sicuramente il disco migliore della loro carriera. Resta comunque un memento non trascurabile del fatto che i nostri fossero ben più di una boy band basata sul look e sui videoclip. Se siete cultori del pop più classico, riascoltare (o anche solo scoprire) questo album può essere davvero una buona idea.

- Prog Fox

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