sabato 1 ottobre 2016

Blondie: "Blondie" (1976)

Oggi è il 1° ottobre, e quindi salutiamo settembre con un ultimo umile tributo: invitandovi all'ascolto del primo disco dei Blondie, registrato proprio nel settembre di 40 anni fa. Non storcete la bocca: è stato uno dei primi album del movimento punk, e non ha niente da invidiare a tanti classici del genere. Se non lo conoscete, è il momento giusto di conoscerlo!



(disco completo qui: https://tinyurl.com/y2kggj9m)

Uno dei primissimi dischi dell'era punk è il debutto omonimo dei Blondie. La band, guidata da Debbie Harry, una trentunenne mezza modella e mezza cameriera (anche al Club di Playboy) senza arte né parte, è caratterizzato da una freschezza disarmante nel panorama tenebroso del rock anni settanta, sospeso fra le alienazioni dei Pink Floyd, il cock rock muscolare degli Aerosmith o il corporativismo melodico dei superstiti dell'era hippie come Eagles e Fleetwood Mac. In questo panorama, il punk arriva come un mattone in una finestra, e i Blondie sono in prima fila nella nascente rivoluzione musicale.

Il punk di Debbie Harry ha poco di consapevole e deliberato, è lo yin rispetto allo yang dei Ramones, protagonisti anch'essi di questa prima fase che punta sull'immediatezza, il recupero del rock and roll più sporco e viscerale e un atteggiamento sfrontato nei confronti del 'sistema', andando così anche a ritrovare uno degli aspetti ormai più trascurati della musica rock, ovvero il ruolo di controcultura. Le capacità e la pulizia tecnica vanno così a farsi benedire in nome di altri valori - dopotutto, pulizia e precisione sono anche proprietà delle malvagie corporazioni musicali, che sponsorizzano, agli occhi dei musicisti punk che ruotano attorno al mitico CBGB di New York, musica inoffensiva e lobotomizzata quanto tecnicamente impeccabile. Due anni dopo il loro debutto, il produttore Mike Chapman, durante le registrazioni di "Plastic Letters", disse che erano la peggiore band con cui avesse lavorato sia dal punto di vista della tecnica musicale che dell'atteggiamento in studio - litigavano fra loro, litigavano con lui, e non gli fregava niente di suonare a cazzo di cane.

Incompetenza o meno, "Blondie" rimane un grande disco di rottura. Numerosi sono i classici in questo album, a partire dal brano di apertura, "X Offender" (così rititolato perché "Sex Offender" non sarebbe mai stato trasmesso dalle radio), che si rifà esplicitamente alla musica delle girls group degli anni sessanta come Supremes e Ronettes, un uptempo irresistibile con una tastierina sixties a guidare le danze e testo scandaloso in cui la Harry interpreta una prostituta arrestata da un poliziotto che la attrae sessualmente, corredato da esplicite immagini sadomasochiste. Notiamo en passant come la band a questo punto abbia già ben quattro eccellenti autori - oltre alla Harry, il tastierista Jimmy Destri, il bassista Gary Valentine e il chitarrista Chris Stein. "Look good in blue" è un riuscito rock crepuscolare in cui la Harry, come un personaggio di Cornell Woolrich, offre di condividere la propria disperazione con un altro relitto della società americana, non senza ulteriori ambiguità sessuali ("If it's alright with you, I could give you some head... and shoulders to lie on").

"In the Sun", dominata dallo scatenato drumming di Clem Burke, aggiunge il surf, proprio come per i Ramones, alle importanti influenze che determineranno la natura del punk. "A Shark in Jets Clothing", dominata dalle tastiere del suo autore, vede la band impegnarsi persino in una riuscita jam finale. "Man Overboard" è un eccellente ska-disco che anticipa di anni il movimento britannico ed è uno dei brani più interessanti musicalmente del lotto, con un altro brillante assolo di Destri. La divertente, sgangherata "The Attack of the Giant Ants" arriva addirittura a recuperare il calypso, devastandolo attraverso una lettura garage rock prima di chiudere il disco con uno scombiccherato tocco lounge.

"Blondie" è un fantastico debutto e un disco fondamentale per la storia del punk, di una band oggi ingiustamente trascurata per il solito elitarismo. A Debbie Harry e soci si rifiuta infatti qualunque considerazione per essersi spostata nel tempo su lidi più commerciali e per avere flirtato anche nell'epoca migliore con pop e disco - una mezza damnatio memoriae che non colpisce nessuno dei grandi protagonisti dell'epoca, a partire per esempio da quelli che di fatto sono il loro più simile corrispondente britannico, gli Stranglers. Se anche voi finora l'avete pensata così, e avete snobbato i Blondie, sarà meglio che mettiate da parte gli occhiali del pregiudizio e ascoltiate questa gemma.

- Prog Fox

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