domenica 25 settembre 2016

Sparklehorse: "Dreamt for Light Years in the Belly of a Mountain" (2006)

Il 25 settembre di dieci anni fa viene pubblicato "Dreamt for light years in the belly of a mountain". Sarebbe stato l'ultimo album della creatura di Mark Linkous. Il 6 marzo del 2010, infatti, il cantautore si sarebbe suicidato a Fort Knox, in Texas. Opera da ascoltare e riascoltare, da avvicinare con cautela.



(qui per l'album completo - l'ultimo degli Sparklehorse: https://www.youtube.com/watch?v=jaYahmPB12M)

Spiegare cosa sono stati gli Sparklehorse è cosa che riguarda le misteriose vie del cuore e della magia.
Ogni loro disco è stato una carezza all'animo, un commovente e stordente abbraccio ai sentimenti dolenti, una serenata sgangherata alla luna indie.
Low-fi e tappeti sonori deliziosi quanto eterei ed impalpabili: il marchio di fabbrica del gigantesco talento del compianto Mark Linkous è stato questo.

"Dont take my sunshine Away" è un'apertura paradigmatica: carillion, batteria pulsante, canto filtrato e cori accoglienti. Distorsioni quanto basta, alternanza tra momenti a fuoco e dissolvenze: "Getting It Wrong" si apre con un memorabile fadeout di voce assestato su una puntuale ed avvolgente linea melodica.
Contraddizioni, zoom improvvisi e ritirate altrettanto violente. Una dolcezza di fondo che maschera una ferita primigenia ancora da suturare, una fiducia nella vita e negli altri recalcitrante e concessa a tratti.

Ecco che ad esempio l'energia ed il carisma esplondono splendenti in pezzi come la spavalda "Shade And Honey" ed in parte nella convinta ballad "See The Light".
"Return To Me" invece scosta per qualche istante il velo sul sincero heartbreaking: ammaliante, dolorosa, splendida. Mark Linkous, di nuovo, signori e signori.
Puro gancio Sparklehorse è il coro di "Some Sweet Day", ingannevolmente giocosa ed allegra: la speranza, verrebbe da dire, quella stronza.
"Ghost In The Sky" è una rasoiata inattesa ma di perfetto gusto rock, quasi una outtake dal secondo disco - "Good Morning Spider".

"Mountains" è singolare, forse il pezzo meno centrato del lotto, ma con un riff che alla fine resta nella memoria. "Morning Hollow" ripende invece il discorso condotto nel precedente "It's a Wonderful life" con l'aiuto di care amiche (P.J. Harvey e Nina Persson): dialogo a due voci, cantato confidenziale e lunga coda, intima e dolente.

"It's not So Hard" è una nuova incursione in terra rock ed è ovviamente riuscitissima e brillante.
"Knives of Summertime" è un pezzo alt-pop come manuale insegna ed è il preambolo alla conclusione del disco: "Dreamt For Light Years In The Belly of A Mountain".

Con questi 11 minuti di segnali captati e provenienti da altre costellazioni, di morbidi e febbrili sogni, di distanze incolmabili, Linkous prende congedo.
Che egli sia cosciente che si tratta sostanzialmente del saluto definitivo degli Sparklehorse non è dato saperlo: molto probablimente sarebbe comunque stato così, viste anche le direzioni prese dalla sua carriera.

A noi non importa comunque avere nozione di questo: ci basta sapere per certo quanta parte, quanta rilevante parte, del proprio animo Mark ci abbia svelato in questi dischi.
A noi è bastato per sentirci un po' meno soli, un po' più affascinati e compresi.
A lui, chi lo sa: forse è servito per arginare i demoni e provare a parlare alle stelle, almeno per un po'.

- il Compagno Folagra

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