(il disco completo si può trovare qui: https://www.youtube.com/
Dopo lo straordinario successo di "An innocent man", Billy Joel chiude almeno temporaneamente con la nostalgia che aveva dominato quel disco e decide di ammodernarsi. Ripensando a ciò che altri autori hanno combinato con questa idea negli anni '80, vengono i sudori freddi, ma non preoccupatevi: Billy vuole ammodernarsi, ma con juicio. Con saggezza non sceglie la strada del synth-pop, ma si affida alla sua band collaudata e soprattutto al suono naturale della batteria del grande Liberty DeVitto.
Il disco si apre con tre grandi pezzi pop: la nervosa, vagamente Police-iana "Running on ice", con una splendida batteria del summenzionato DeVitto; la celeberrima "This is the time", ballatona strappamutande nota in Italia per avere fatto per 21 anni da sigla per la telenovela "Sentieri", aperta da un piano synth che farebbe emozionare i sassi; e poi "A Matter of Trust", che ripercorre efficacemente i sentieri (ops) dell'ultimo album di Joel.
La parte centrale del disco vede Joel spingersi su r&b e jazz, con "Baby Grand", in cui partecipa Ray Charles a piano e voce e con la sua band (tra cui un ottimo Vinnie Colaiuta alla batteria), e "Big man on Mulberry Street"; i pezzi servono più a Joel per divertirsi ma divertono meno l'ascoltatore. Analogamente i più classici pezzi pop "Code of Silence" (con Cindy Lauper alla voce) e "Getting closer" (con Stevie Winwood all'organo) tendono a 'overstay their welcome', come dicono gli anglosassoni - sono tutti brani che scorciati di un minuto o due (o magari ascoltati nell'emozione di un concerto) potrebbero anche funzionare, ma qui appaiono un po' autoindulgenti.
Nel complesso Billy Joel si mostra sufficientemente ispirato; ma l'album ci appare più come un interludio minore fra i due grandi album pop anni ottanta di Joel (il già citato "An innocent man", 1983; e "Storm front", 1989) che non un classico in sé e per sé.
- Prog Fox
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