sabato 9 luglio 2016

Billy Joel, "The Bridge" (1986)

Billy Joel arriva al suo decimo album nel 1986 come uno dei più venduti cantautori pop degli Stati Uniti, visto il successo del precedente "An innocent man", splendido tributo agli anni cinquanta. Questo album però verrà ricordato soprattutto perché contiene una delle ballate strappamutande più strappamutande degli anni '80.




(il disco completo si può trovare qui: https://www.youtube.com/watch?v=s4zd9rRPlto)




Dopo lo straordinario successo di "An innocent man", Billy Joel chiude almeno temporaneamente con la nostalgia che aveva dominato quel disco e decide di ammodernarsi. Ripensando a ciò che altri autori hanno combinato con questa idea negli anni '80, vengono i sudori freddi, ma non preoccupatevi: Billy vuole ammodernarsi, ma con juicio. Con saggezza non sceglie la strada del synth-pop, ma si affida alla sua band collaudata e soprattutto al suono naturale della batteria del grande Liberty DeVitto.

Il disco si apre con tre grandi pezzi pop: la nervosa, vagamente Police-iana "Running on ice", con una splendida batteria del summenzionato DeVitto; la celeberrima "This is the time", ballatona strappamutande nota in Italia per avere fatto per 21 anni da sigla per la telenovela "Sentieri", aperta da un piano synth che farebbe emozionare i sassi; e poi "A Matter of Trust", che ripercorre efficacemente i sentieri (ops) dell'ultimo album di Joel.

La parte centrale del disco vede Joel spingersi su r&b e jazz, con "Baby Grand", in cui partecipa Ray Charles a piano e voce e con la sua band (tra cui un ottimo Vinnie Colaiuta alla batteria), e "Big man on Mulberry Street"; i pezzi servono più a Joel per divertirsi ma divertono meno l'ascoltatore. Analogamente i più classici pezzi pop "Code of Silence" (con Cindy Lauper alla voce) e "Getting closer" (con Stevie Winwood all'organo) tendono a 'overstay their welcome', come dicono gli anglosassoni - sono tutti brani che scorciati di un minuto o due (o magari ascoltati nell'emozione di un concerto) potrebbero anche funzionare, ma qui appaiono un po' autoindulgenti.

Nel complesso Billy Joel si mostra sufficientemente ispirato; ma l'album ci appare più come un interludio minore fra i due grandi album pop anni ottanta di Joel (il già citato "An innocent man", 1983; e "Storm front", 1989) che non un classico in sé e per sé.

- Prog Fox

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