Usciva quarant'anni fa "Via Paolo Fabbri 43", uno dei capolavori della musica cantautorile italiana e il massimo album della carriera del cantautore Francesco Guccini.
(qui per ascoltare tutto l'album: tinyurl.com/rexw8h6w)
Difficile sminuire l'importanza che "Via Paolo Fabbri 43" ha nella musica italiana. L'album, famoso in particolare per la fantastica "L'Avvelenata", uno dei brani più caustici della canzone d'autore italica, è in realtà semplicemente perfetto dal primo all'ultimo secondo, e chiaramente il migliore della produzione di Francesco Guccini.
Il cantautore modenese giunge al suo settimo album in un periodo in cui il ruolo dell'artista impegnato è fortemente messo in discussione, e Guccini stesso è soggetto a critiche sia sul piano politico che su quello musicale (Riccardo Bertoncelli, uno dei primi e massimi critici rock del Belpaese, ha definito il suo "Stanze di vita quotidiana" come un album stanco e privo di ispirazione; Guccini lo citerà in "L'Avvelenata" dicendo "tanto ci sarà sempre, e lo sapete [...] un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate").
"L'Avvelenata" è certamente, pur nel sublime livello dell'album, la traccia che spicca su tutte le altre. Oltre ad avere una musica straordinaria, con un giro indimenticabile di chitarra acustica e una progressione pazzesca, man mano che gli strumenti si uniscono alla canzone in un crescendo corale (a ogni strofa si aggiungono: seconda chitarra e cassa; fiati sintetizzati; basso elettrico; batteria; secondo basso elettrico; sintetizzatore; sintetizzatore moog), ha un testo semplicemente indimenticabile, forse la più alta rivendicazione di libertà e indipendenza artistica messa in musica negli ultimi cinquanta o forse anche cento anni di poesia italiana.
Tutto il resto dell'album non può che impallidire al confronto, sebbene sia di altissimo livello. "Piccola storia ignobile" è una straziante storia di aborto, vista con un umanesimo laico di una commovente profondità; "Canzone di notte n°2" è una intimistia riflessione notturna di Guccini sulle proprie giornate e la propria vita, all'insegna di un garbato folk acustico; "Via Paolo Fabbri 43" è una carrellata surreale di personaggi che infestano la vita bolognese dell'artista (via Paolo Fabbri 43 è l'indirizzo della sua casa di Bologna), un folk blues elettrificato di 8 minuti che trae spunto dai migliori momenti di Bob Dylan e Fabrizio de Andrè; "Canzone quasi d'amore" è una triste riflessione su un amore finito, o forse - meglio - mai neppure iniziato, un amore a metà, un quasi amore appunto; "Il pensionato" chiude l'album all'insegna di una profonda cupezza, con il ritratto di un uomo solo in una società in cambiamento, che isola gli anziani e riduce il loro ruolo a quello di una totale irrilevanza.
Testi e musiche sono perfettamente riusciti e seguono al massimo il principio dantesco della adeguatio verbi rei. I musicisti contribuiscono creativamente con garbo e capacità: spiccano naturalmente i compagni storici -Ares Tavolazzi degli Area al basso, l'ottimo batterista Ellade Bandini (si senta la sua ritmica sensazionale nella title-track), il tastierista Vince Tempera (ex-Il Volo), la chitarrista Deborah Kooperman; non mancano poi le partecipazioni di altri amici, quali per esempio Maurizio Vandelli dell'Equipe 84.
Non c'è molto da aggiungere: "Via Paolo 43" è semplicemente uno dei tasselli fondamentali della musica popolare italiana del secondo dopoguerra, e una pietra di paragone assoluta per il suo genere.
- Prog Fox
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