giovedì 7 aprile 2016

Claudio Lolli: "Ho visto anche degli zingari felici" (1976)



(qui per l'ascolto del disco completo: https://www.youtube.com/playlist?list=PL124CEF1825ED0BDE)

Introdotta da uno splendido strumentale prog jazz con il sax di Danilo Tomasetta in primo piano, la title track del quarto LP di Claudio Lolli, "Ho visto anche degli zingari felici" (https://www.youtube.com/watch?v=H5mmUySZkvo), è un tipico esempio dell'avvicinamento dei cantautori italiani al mondo del progressive rock proprio mentre questo ha il suo tracollo nel Bel Paese, complice il travaso di tanti strumentisti rimasti senza gruppi o senza contratti nel mondo dei sessionmen. Non a caso la sezione ritmica - Roberto Costa al basso e Adriano Pedini alla batteria - proviene dall'Orchestra Njervudarov, il cui unico album, inciso proprio nel 1976, rimarrà inedito per tre anni, giudicato impubblicabile dalla loro casa discografica.

Pubblicato il 7 aprile del 1976, "Ho visto anche degli zingari felici" diventa il più grande successo di Lolli, spinto anche dal supporto delle radio libere, che si esaltano per il mix di cantautorato rabbioso e movimentista e folk progressive incendiario dei pezzi, sviluppati prima dal vivo sul modello di quanto avevano per anni fatto molti gruppi psichedelici e prog come i Pink Floyd. Suggestive saranno in effetti alcune analogie con le opere concettuali di questi ultimi, che avevano aperto la strada a un elaborato incrocio fra concept, lirismo dei testi socialmente significativi e musica complessa con rilevanti parti strumentali.

La title track, per esempio, è un torrenziale brano di dieci minuti, diviso in due parti fra inizio e fine dell'album; così come è di nove minuti la suite in due parti "Agosto/Piazza, bella piazza" (https://www.youtube.com/watch?v=ln14paI3xbU&list=PL124CEF1825ED0BDE&index=2): dedicata alla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974, che causò 12 morti, è brano di una bellezza devastante che a tanti anni di distanza ci sembra riassumere ed evocare il sentire dei giovani e meno giovani della sinistra dell'epoca per coloro che quell'epoca non l'hanno vissuta.

Efficace sempre a tal proposito è anche "Anna di Francia" (https://www.youtube.com/watch?v=cyWtNCD8qmc), il momento più intimista, quasi gucciniano, del disco, che racconta con pennellate semplici e decise il clima delle discussioni e delle notti di quegli anni, fra assoli di chitarra (dell'ottimo Roberto Soldati) e di flauto, amori giovanili e impegno politico (e frasi volanti acchiappate in osteria come "Luigi Nono è un coglione", attacco al grande compositore di provata fede comunista, che cercò senza successo di presentare le proprie opere di avanguardia in concerti collettivi con cantautori dell'epoca come Ivan Della Mea e Giovanna Marini).

La forza del disco è chiaramente la sua totale immersione nel momento, che smentisce uno dei luoghi comuni sull'invecchiamento di opere d'arte troppo legate a un'epoca. L'arte può essere atemporale o può essere contestualizzata, così come può essere fine a se stessa o politicamente impegnata: ciò che conta è il suo valore assoluto. Un disco come "Ho visto anche degli zingari felici", che sa trasmettere tali e tante emozioni a distanza di tanti anni, è totalmente intriso dei suoni e delle parole del suo tempo, anche in forma ingenua (liriche come "primo maggio di festa oggi nel Vietnam e forse in tutto il mondo") o verbosa (la didascalica "la morte della mosca"), e in generale può stancare il tono serioso, senza alcuna traccia di luce o umorismo; ma forse erano gli anni di piombo a essere così, o almeno è questo aspetto quello che a Lolli preme raccontarci. E ciò non fa che amplificarne la potenza per chi lo vede e sente da lontano.

Di ascoltare dischi come questo, in un'epoca di crisi, incertezze e di bassissima politica, ne abbiamo ancora tanto bisogno.


- Prog Fox

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