Esce nel novembre di cinquant'anni fa l'eccellente debutto degli americani Crack the Sky, collocato da qualche parte fra l'hard rock americano, il progressive nordamericano dei primi Rush e Kansas, e la scena newyorkese che presto avrebbe generato il punk.
(disco rimasterizzato ed esteso qui: https://tinyurl.com/5725t48a)
I Crack the Sky si formano a Weirton, in West Virgina, al confine con l'Ohio, col nome di "Words" e dieci elementi, che diverranno cinque col cambio di nome definitivo (il batterista Joey d'Amico, il bassista Joe Macre, il cantante-tastierista John Palumbo e i chitarristi Rick Witkowski e Jim Griffiths). Nel novembre del 1975 esce il loro primo album, che raggiunge il #161 nelle classifiche americane e che nel 2015 sarà incluso dalla rivista Rolling Stone fra i 50 migliori album di progressive rock di sempre.
I Crack the Sky suonano un hard rock influenzato indirettamente dal progressive britannico attraverso il prog rock nordamericano di gruppi quali Rush, Kansas, Styx e così via e direttamente dal cosiddetto thinking man's heavy metal dei Blue Oyster Cult, a sua volta una influenza sul nascente movimento punk newyorkese. Questo rende l'album molto più grintoso e sanguigno rispetto al prog romantico e classicheggiante che spopola in Europa; e le liriche intelligenti di John Palumbo, radicate nel linguaggio del rock'n'roll invece che in quello delle fantasie dei Genesis o dei Rush o delle pretenziosità dei Kansas, rende il prodotto molto più appetibile anche agli ascoltatori più allergici al prog; e rende i Crack the Sky una sorta di eccellente versione blue collar americana del progressive rock.
Ognuno dei musicisti è capace di rendere interessante il proprio strumento in modi che ricordano i migliori Blue Oyster Cult; e così troviamo brani intensamente rock che pure mostrano in pieno le capacità tecniche del gruppo, come le splendide "She's a dancer" (che potremmo sottotitolare il Lou Reed di "Transformer" incontra il Frank Zappa jazz rock) e l'intensa "Ice"; oppure ottime tracce di aspetto più propriamente progressive come la sarcastica "Sea Epic", che merita di essere affiancata a composizioni oceaniche simili quali "Whaling Stories" dei Procol Harum o "A Plague of Lighthouse Keepers" dei Van der Graaf Generator, e l'articolata "Sleep".
Non esiste comunque un brano di basso livello o un riempitivo, e, grazie alla brillantezza di arrangiamenti e soluzioni compositive, ogni pezzo ha qualcosa che lo rende intrigante e memorabile, dalla canzone di apertura "Hold on", un rock'n'roll graffiante che ci fa conoscere già il sarcasmo abrasivo di Palumbo, alla straziante malinconia di "Robots for Ronnie", dal duello chitarristico nel finale di "Mind Baby" all'orecchiabilità alla Doobie Brothers di "I don't have a tie".
"Crack the Sky" è eccellente disco di debutto di un gruppo intelligente e creativo, capace di rimanere saldamente ancorato al linguaggio del rock espandendolo con il meglio degli sviluppi collaterali del genere, dal prog rock di tastiere, archi e tempi dispari, al jazz rock dei fiati, passando per il glam rock americano di Lou Reed e New York Dolls. Un disco consigliato davvero a chiunque ami la musica degli anni settanta.
- Prog Fox
#crackthesky:
#johnpalumbo (voce, tastiere & chitarre)
#rickwitkowski (chitarre)
#joemacre (basso elettrico & voce)
#jimgriffiths (chitarre & voce)
#joeydamico (batteria, percussioni & voce)
ospiti:
#michaelbrecker (ottoni)
#randybrecker (ottoni)
#davidsanborn (ottoni)
#georgemarge (legni)
#tomjones (trombone)
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