Esce nell'ottobre di cinquant'anni fa "Chocolate Kings", sesto album in studio della Premiata Forneria Marconi, una delle massime formazioni del prog rock italiano degli anni settanta. Il gruppo comincia così il fallimentare tentativo di sfondare sul mercato americano, forte anche della vocalità del nuovo membro Bernardo Lanzetti, che parla inglese ottimamente. Il disco è probabilmente l'ultimo grande album classico del gruppo milanese.
(disco completo: )
Dopo gli incoraggianti risultati sul mercato britannico, ottenuti grazie alla distribuzione dei loro dischi curata dalla Manticore Records di Emerson, Lake & Palmer, la Premiata Forneria Marconi decide di tentare un salto ancora più ambizioso, dedicandosi al mercato americano. I loro compagni di avventure in terra di Albione spiegano loro che fondamentale, per potere sfondare, è avere un cantante che abbia una ottima pronuncia inglese - il quintetto decide così di arruolare per questa missione il cantante parmigiano Bernardo Lanzetti, già voce degli Acqua Fragile, gruppo prog emiliano che ha dietro le spalle due LP di rock progressivo piuttosto influenzato dallo stile della PFM.
Con Lanzetti a bordo, il gruppo spinge ancora più forte sulle proprie influenze genesisiane, anche a causa del timbro del cantante, quasi punto di contatto fra quello di Peter Gabriel dei Genesis e quello di Roger Chapman dei Family. Il disco è sicuramente, fra tutta la produzione della PFM, il più classicamente progressivo, anche se non mancano come sempre riferimenti alla musica mediterranea (che porteranno il violinista e flautista Mauro Pagani tanto ad andarsene dal gruppo quanto a perseguire l'interesse per il folk mediterraneo nei suoi album solisti e nelle sue future collaborazioni, la più nota delle quali con Fabrizio de Andrè). Rispetto ai Genesis, comunque, la Premiata Forneria Marconi si rende protagonista di un rock ipertrofico che ricorda in parte gli Yes di "Relayer" (1974) e anticipano certi momenti dei Genesis post-Gabriel di "A Trick of the Tail" (1976).
"From Under" mette subito al centro della scena la voce potente e sicura di Lanzetti, che declama in maniera tanto prolissa quanto efficace lungo quasi tutta la durata dell'ipertrofico brano, cavalcato magistralmente dalla sezione ritmica di Patrick Djivas (basso) e Franz di Cioccio (batteria). "Harlequin" è una ballata che fa maggiore uso del violino di Pagani e delle chitarre acustiche di Franco Mussida, che accompagnano dolcemente prima di una parte finale in crescendo, caratterizzata da un incendiario assolo di violino e da interessanti interludi di sintetizzatore da parte di Flavio Premoli. In "Out of the Roundabout" spicca come una lama di luce nel buio il pianoforte elettrico di Premoli nella deliziosa introduzione di chitarra di Mussida e nelle sue successive riprese.
Fa eccezione al clima à la Genesis del disco giusto il brano eponimo dell'album, che sfiora l'hard rock più sardonico e che rappresenta un attacco violento allo star system e alla politica americane, in linea col pensiero della controcultura italiana di quell'epoca, che attirava le simpatie del gruppo milanese. Per alcuni, proprio questo brano (così come la copertina con la bandiera americana che avvolge la stecca di cioccolato) potrebbero avere alienato l'affetto del pubblico americano per la band, ma a parere di chi scrive era più problematico che il breve successo del prog europeo stesse arrivando al termine: il gruppo aveva probabilmente solo tentato il lancio in America troppo tardi.
"Paper Charms" conclude "Chocolate Kings" con il brano più genesisiano - e forse il migliore - del lotto, con una accorata prova di Lanzetti, una geniale melodia di flauto poi ripresa dal violino. Mauro Pagani firma la sua uscita dal gruppo con un assolo strepitoso lungo quasi due minuti, prima dell'innodico finale.
"Chocolate Kings" è un ottimo disco di uno dei gruppi più rappresentativi degli anni settanta italiani. Forse gli manca il brano memorabile e indimenticabile di successo, gli manca una "Impressioni di Settembre" (o una "I know what a like" o "Carpet Crawlers" per i Genesis dell'era Gabriel, o una "Lucky Man" di Emerson, Lake & Palmer); ma il livello compositivo è eccellente e quello degli arrangiamenti del gruppo niente meno che superbo. Insomma, non gli mancherebbe niente per raggiungere il successo, se non la collocazione di genere e di tempo: nel 1975 il prog italiano non era più così popolare nemmeno in patria, sorpassato dal cantautorato politico; e il prog sinfonico e romantico iniziava a essere tacciato di fascismo hobbitiano ed escapismo tolkeniano. L'unico limite dell'album è quindi il limite di chi lo ha criticato per motivazioni del tutto esterne alla musica.
La Premiata Forneria Marconi proverà ancora con "Jet Lag" (1977) a rimanere ancorata al mercato americano, questa volta reindirizzandosi verso la fusion con il nuovo violinista Marc Bloch, che sostituisce Pagani. L'insuccesso di questa operazione porterà la PFM ad abbandonare il progressive in direzione della canzone d'autore, con risultati che non convinceranno affatto tutti i critici e gli ascoltatori - a partire dal vostro umile recensore.
- Prog Fox
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A1. From Under – 7:29 (Marrow/Pagani/Graziani/Mussida/Premoli)
A2. Harlequin – 7:48 (Pagani/Mussida)
A3. Chocolate Kings – 4:39 (Marrow/Pagani/Mussida)
B1. Out of the Roundabout – 7:53 (Pagani/Mussida)
B2. Paper Charms – 8:30 (Pagani/Mussida)
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