venerdì 15 dicembre 2023

Franco Battiato: "Orizzonti Perduti" (1983)

Usciva il 15 dicembre di quarant'anni fa "Orizzonti Perduti", album in studio del cantautore siciliano Franco Battiato. Il disco proseguiva il discorso art pop dei quattro album precedenti, continuando una lieve flessione qualitativa, dovuta sia all'abuso di una formula di successo, sia alla scelta di privilegiare l'uso di sintetizzatori ed elettronica synth pop rispetto alla strumentazione rock. Ma anche un disco sottotono di Battiato è un disco di qualità: ci abbeveriamo a capolavori come "la Stagione dell'Amore" e "Un'altra vita".



(disco completo: https://tinyurl.com/ycxc7unt)

Nell'autunno del 1983, Franco Battiato e Giusto Pio rientrano in studio di registrazione. La squadra dovrebbe essere la solita, lo studio è quello del chitarrista Alberto Radius e il produttore è Angelo Carrara, ma Battiato ha intenzione di cambiare un po' le carte rispetto all'art pop che lo ha contraddistinto per quattro album, ormai dal 1979 ("L'era del cinghiale bianco", "Patriots", "la Voce del Padrone" e "l'Arca di Noè"), senza contare le collaborazioni di altissimo livello della squadra Battiato con tutta una serie di artisti e artiste come Alice, Giuni Russo, Milva e Mino de Martino.

La necessità di fare qualcosa di diverso porta Battiato a esplorare molto più profondamente l'uso dei computer e dei sintetizzatori, confinando Radius alla cabina di missaggio. Sarà questo infatti il disco più synth pop della carriera del cantautore siciliano; ma gli esiti non sono forse dei migliori. Il problema non sono tanto le melodie, alcune delle quali ormai un po' abusate, quanto gli arrangiamenti forzatamente sintetici che non sempre rendono giustizia ai brani.

Un pezzo sostenuto come "Tramonto Occidentale", per esempio, perde di forza tra batteria elettronica, campionamenti orchestrali e riff guidato dalla tastiera, e ci si chiede cosa sarebbe potuto essere con i suoni di batteria e chitarra dei suoi dischi del 1979 con Radius e De Piscopo. Addirittura un po' sterili sembrano le riflessioni ironiche di "la Musica è stanca". I danni sono più contenuti nelle melodie dell'ironica "Zone depresse" o della domenicale "Mal d'Africa", sebbene anche qui il dubbio che suoni più caldi avrebbero reso meglio questi tipici esempi di riflessione battiatiana sulla Sicilia vecchia e nuova.

Meglio fanno piccoli capolavori come la delicata, romantica "la Stagione dell'Amore", la conclusiva "Campane Tibetane" e soprattutto "Un'altra vita", quest'ultima forse il migliore pezzo del disco grazie anche a immaginifici, memorabili interventi di sintetizzatore e a liriche sull'alienazione urbana che risuonano facilmente nel cuore di tutti gli ascoltatori.

Non si può comunque biasimare l'autore per avere provato nuove vie espressive, evidentemente una necessità dato il successo e la mole di lavori realizzati in un periodo di enorme produttività. Il disco sarà una piacevole aggiunta al canone anni ottanta dei suoi ammiratori, ma certamente non è il disco da cui partire a esplorarne la carriera.

- Prog Fox

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