mercoledì 22 novembre 2023

Beatles: "With the Beatles" (1963)

Usciva cinquant'anni fa oggi, nelle stesse ore in cui il presidente americano John Fitzgerald Kennedy veniva assassinato a Dallas, "With the Beatles", secondo album degli 'scarafaggi' di Liverpool. Non più one hit wonder, si consacrano come gruppo destinato a restare, e a rivoluzionare. L'album è quello di "All my loving", della cover di "Roll over Beethoven", della prima composizione di George Harrison ("Don't bother me"). Ma la coincidenza con l'omicidio di JFK fornisce un'altra suggestiva chiave di lettura: finiscono gli anni cinquanta e inizia l'epoca della controcultura, della British Invasion, delle battaglie civili, della rivoluzione rock.



(disco completo qui: )

Con “With the Beatles” i Beatles diventano i Beatles. Affermazione scontata, ma necessaria. L’album segna il passo decisivo nella carriera del gruppo, che consolida definitivamente il loro successo dopo il debutto con “Please Please Me”. Superando di slancio il death-slot del primo e unico album, momento fondante di molte band ma pietra tombale di altrettante meteore, “With the Beatles” è il manifesto di un gruppo di ragazzi che impone permanentemente la propria presenza nel mondo.

Se oggi è così facile guardare ai Beatles con una visione prospettica, dividere in “ere geologiche” la loro produzione (Cavern, esordi, Epstein-era, post-Epstein, maturità e tramonto), nel 1963, al secondo album in pochi mesi, con un film in lavorazione (“A Hard Day's Night”) e in piena Beatlesmania, i Nostri sono sulla rampa di lancio. L’album ha talmente successo che non serve neppure un singolo per promuoverlo. La macchina da guerra di Epstein e Martin attiva azioni promozionali radicali che divennero leggenda: non a caso l'album è stato registrato in un periodo molto frenetico per i Beatles, che stavano contemporaneamente girando il Regno Unito e lavorando sul loro primo film, “A Hard Day's Night”, musicarello di lusso. Ma non solo: in Europa i Beatles si impongono con forza alle orecchie di tutti i giovani, arrivando perfino in Scandinavia, dove nell’ottobre ’63 non possono far altro che macinare record e polverizzare le classifiche delle radio locali (meravigliosa la sessione “The Beatles al Karlaplansstudion di Stoccolma, il 24 ottobre). Perfino gli States vengono invasi, grazie alla pubblicazione dell’album sotto il titolo di “Beatlemania! With the Beatles”: quando viene pubblicato in Canada, tre giorni dopo l’uscita inglese, inizia quella resistenza Yankees che esploderà in tutto il biennio successivo, con le note manifestazioni anti-Beatles in favore di un protezionismo musicale, che oggi fa veramente sorridere. Ma proprio come sosteneva il maledetto Colonnello Tom Parker, anche la cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità.

Il sistema di “sfruttamento” di Epstein è massacrante per la band, ma è propedeutico al loro successo senza eguali. Usando un termine dei nostri giorni, i Beatles diventano “virali”: sono già in classifica con il primo album, e con “With the Beatles” polverizzano il record precedente, rimanendo al top altre 51 settimane di fila.

L’album mostra una maturazione significativa nello stile, con un sound più raffinato rispetto al loro debutto, ma oltre alla qualità c’è l’aspetto del fenomeno musicale, che li lancia globalmente come icone culturali. E prima ancora di parlare della musica, basti pensare all’iconica copertina dall’album, opera di Robert Freeman, che rappresenta i quattro in inquadrature in bianco e nero eseguite da Astrid Kirchherr, durante la celebre sessione amburghese. “With the Beatles”, me lo consentirete, è il primo album di enorme successo creato in modo sartoriale per una boy band emergente.

Andiamo a parlare delle singole canzoni, un mosaico interessante e godibilissimo, anche se in prospettiva ancora grezzo ma potente, che però vede una sinergia Lennon-McCartney che i fan apprezzeranno senza dubbio.

“It Won't Be Long”: come tradizionalmente richiesto per la generazione beat, il brano di apertura infonde un’energia contagiosa e deve incitare al ballo, col solito ma mai trito coretto accattivante. Un bel marchio di fabbrica, ma già si sente l'evoluzione del sound dei Beatles. Paternità originale di John, indubbia.

“All I've Got to Do”: sempre John qui, con una voce davvero espressiva, ma soprattutto canzone amatissima da molti bassisti, dato che qui lo strumento diviene protagonista per la prima in un brano rock and roll. Una ballata dolce, con influenze dal blues americano. “All My Loving”: canzone arcinota che amiamo soprattutto per le sfumature sonore che irradiano una pura armonia tra il basso di McCartney e la chitarra ritmica di Lennon; pezzo semplice, ma un balsamo per i fan.

“Don't Bother Me”: la prima canzone scritta da George Harrison inclusa in un album dei Beatles e scritta nell’agosto del ’63 durante una pausa tra i vari impegni. La leggenda narra che, sentendosi poco bene, era a riposo con solo acqua tonica da bere; in quelle bizzarre condizioni ideò il brano, registrato poi su un piccolo registratore portatile. Nella sua biografica lo definisce: “un esercizio di stile, per vedere se fossi in grado di partorire una canzone originale”.

“Little Child”: sicuramente non memorabile, ma divertente e molto rock.

“Till There Was You”: iniziano le cover, come da tradizione. Solita ballata melodica, la cui versione fatta dai Beatles ha fruttato al suo autore (in questo caso Meredith Willson) più soldi dell’originale.

“Please Mister Postman”: altra cover energica della canzone delle Marvelettes. Come spesso accade per queste cover, l'interpretazione dei Beatles è piena di vitalità e spesso migliore dell’originale.

“Roll Over Beethoven”: cover dell’amatissimo Chuck Berry, con George Harrison alla chitarra solista, rende omaggio all'originale pur aggiungendo il proprio tocco.

“Hold Me Tight”: brano registrato per “Please Please Me” e si stente. Carino, ma si torna un po’ indietro con questo esempio del loro stile precoce.

“You Really Got a Hold on Me”: altra cover, in questo caso di Smokey Robinson. Bella performance vocale di Lennon di un autore leggendario.

“I Wanna Be Your Man”: tirando in ballo l’infinita e ormai trita diatriba “Stones vs Beatles” questo brano potrebbe dirimere ogni vostro possibile dubbio. La canzone fu scritta da Lennon-McCarthy proprio per i Rolling Stones che la pubblicarono il 1 novembre ’63 e per la prima volta nella loro storia entrarono nella top 20 nel Regno Unito (12mo posto). Un sentito grazie da Jagger e soci per questo regalo inaspettato.

“Devil in Her Heart”: un'altra cover, questa volta di una canzone di Richard Drapkin. Un numero più leggero, ma non male.

“Not a Second Time”: qui sempre John che imita uno dei suoi miti, il già citato Smokey Robinson, per una ballata con testi che riflettono una certa maturità emotiva, capace di andare oltre i soliti tira e molla amorosi.

“Money (That's What I Want)”: chiude l’album una cover di Barrett Strong. Celebre canzone, che mette in mostra i muscoli e l'energia grezza dei Beatles.

- Agent Smith

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