giovedì 12 ottobre 2023

Genesis: "Selling England by the Pound" (1973)

Secondo le cronache, il 12 ottobre di cinquant'anni fa usciva "Selling England by the Pound", quinto disco in studio dei prog rocker britannici Genesis, e per molti loro capolavoro, oltre che capolavoro assoluto del genere e uno dei dischi più amati del progressive. Più recentemente si è ipotizzato che il disco fosse uscito tre settimane prima, nella seconda metà di settembre. Questo non cambia la necessità di celebrare adeguatamente uno dei dischi più belli, nel senso romantico del termine, della storia del rock. "Firth of Fifth" rappresenta forse la canzone simbolo di tutto il genere progressive.



(disco completo: https://tinyurl.com/5pjsmnsx)

È spesso difficile, di fronte ad artisti che hanno avuto una lunga e (più o meno) prestigiosa carriera, stabilire quale sia il pinnacolo assoluto della loro arte. In alcuni casi è facile, quando una loro opera è troppo palesemente superiore a tutto ciò che hanno realizzato prima o dopo. In altri casi, è molto più complicato, perché il disco più importante, il disco più innovativo, il disco di maggior successo e il disco più completo della loro storia non coincidono, ammesso che si possa essere d'accordo su che cosa indichino esattamente le definizioni sopra menzionate.

Nel caso dei Genesis, "Selling England by the Pound" resta comunque uno dei principali candidati a 'disco migliore dei Genesis', e quindi necessariamente, per forza di cose, 'disco migliore del progressive rock britannico'.

"Selling England by the Pound" non è, a parere di chi scrive, il disco più innovativo o importante della carriera dei Genesis - ma è chiaramente quello in cui la visione artistica del gruppo, quantomeno nella sua fase prog, raggiunge il culmine. È impossibile descrivere, a chi non l'abbia provata, la sensazione di rapimento in un universo parallelo che si prova ascoltando per la prima volta "Firth of Fifth", l'introduzione di pianoforte di Tony Banks che rappresenta il punto più alto della sua carriera compositiva, così come la canzone rappresenta forse la quintessenza assoluta della canzone prog, con i suoi dieci minuti incredibili di riflessione esistenzialista sullo scorrere del fiume del tempo incarnato dal pianoforte di Banks, dal suo assolo di sintetizzatore, dall'incastrarsi perfetto della sezione ritmica del bassista Mike Rutherford con il batterista Phil Collins, dal mirabile, liquido assolo di chitarra elettrica di Steve Hackett.

La presenza di Peter Gabriel su questo album può sembrare quasi accessoria ai distratti, ma naturalmente non è così: è solo che ormai siamo abituati a vederlo egocentrico protagonista di ogni suo brano solista, la sua voce ben alta nel mix, il suo id sempre al centro della scena. Qui egli fa ancora parte di un gruppo, e il suo profilo è più modesto, sebbene l'accento inglese enfatizzato, le interpretazioni attoriali e la fantasia sfrenata dei testi gli conferiscano di fatto un ruolo fondamentale, né più né meno, di quello dei suoi compagni di viaggio.

È Gabriel a trasformare uno scontro fra bande giovanili a Londra in un epos classico ("The Battle of Epping Forest"), a tratteggiare un affresco degno di Lewis Carroll sulla decadenza dell'Inghilterra ("Dancing with the moonlit knight"), a immergersi nelle fantasie arcadiane di "Firth of Fifth", a trovare il trait-d'union fra la mitologia greca, Shakespeare e il romanticismo dei giorni nostri ("The Cinema Show").

La visionarietà delle liriche è degna della visionarietà delle musiche, in cui la spinta propulsiva di Collins in particolare sembra richiedere agli altri musicisti di tirare fuori il meglio di sé, tra ordalie di mellotron e pianoforti, chitarre acustiche a sei e dodici corde, il flauto traverso di Gabriel ("Firth of Fifth"), chitarre elettriche e bassi pulsanti.

"I know what I like", primo singolo del gruppo a entrare nella top 30 britannica, è un delizioso brano che gioca con il folk pop per poi gettarsi in un corale epico e ubriaco assieme, che stempera certi momenti troppo seriosi e sinfonici in un mare di percussioni che fanno da accompagnamento alle voci demenziali di Gabriel e Collins.

Va enfatizzata, a proposito di musicisti poco appariscenti, la prova di quello che è sicuramente il membro meno egocentrico del quintetto, il chitarrista Steve Hackett - raffinato ed efficace solista quando la canzone lo richiede, tessitore armonico sottile ed educato altrimenti, così lontano dall'idea di guitar hero eppure tra i primi propugnatori delle tecniche del tapping che verrà poi sviluppato ed estremizzato da musicisti come Van Halen ("Dancing with the moonlit knight", "Firth of Fifth", lo strumentale "After the Ordeal").

"Selling England by the Pound" è per molti il culmine della carriera dei Genesis e uno dei dischi più amati e perfetti del progressive rock britannico. E fu realizzato da cinque ragazzi che all'epoca avevano tra i 22 e i 23 anni. Non abbiamo altro da aggiungere a questa valutazione.

- Prog Fox

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