giovedì 21 settembre 2023

Gentle Giant: "In a glass house" (1973)

Cinquant'anni fa oggi vedeva la luce "In a glass house", quinto album dei prog rocker britannici Gentle Giant, fra i maestri del genere. Qui il gruppo realizza uno dei suoi dischi più astratti e astrusi, ma allo stesso tempo geniali, nonostante la partenza di Phil Shulman, uno dei fratelli fondatori del gruppo stesso.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/4adt9j8w)

Dopo quattro album che li hanno iscritti di diritto nella storia del progressive rock, i Gentle Giant devono fare fronte alla più grossa perdita della loro carriera: Phil Shulman, uno dei fratelli che hanno fondato il gruppo, uno dei cantanti, compositori e musicisti del gruppo, decide di lasciare la formazione. È vero che non si tratta del primo cambio di organico: con John Weathers, giunto al quarto album "Octopus", i Gentle Giant erano arrivati al terzo batterista in quattro dischi, ma per quanto questo determinasse un cambio di sonorità ritmiche, l'impatto sullo stile musicale della formazione non è paragonabile.

Che sia la mancanza delle idee melodiche di Phil, la volontà di dimostrarsi capaci di andare avanti senza di lui oppure l'involuzione tecnicista che sta prendendo la mano a molti gruppi progressive nell'anno che segna lo spartiacque fra la celebrità del genere e l'universale esecrazione da parte di pubblico e critica che dura ancora oggi, i Gentle Giant decidono di alzare il coefficiente di difficoltà delle loro composizioni, che sono ancora più spigolose, ancora più abrasive e ancora più complesse. Il che può non essere il massimo per un gruppo che a tratti già si collocava al limite della tollerabilità dell'ascoltatore - senza mai superarlo, va detto.

Il disco comincia bene con "The Runaway" e soprattutto si imbatte nel capolavoro "An Inmates Lullaby", brano etereo, sonnolento ed astratto, in tempo dispari, caratterizzato però da una lucente, delicata melodia e da una atmosfera sottile e inquietante che sa di rinuncia e letargia.

"Way of Life" è un esempio malriuscito di balzo in avanti: i suoni di tastiere sono violenti e soprattutto inappropriati, mancano della sottigliezza tipica dei Gentle Giant, per quanto naturalmente il brano sia tutt'altro che da buttare, specialmente nella sua fase centrale di folk da camera; ma il pezzo finisce per essere una festa di spigolosità eccessive che solo a tratti lasciano respirare la musica.

Gli otto minuti di "Experience" vedono il gruppo spaziare attraverso tutte le proprie caratteristiche: con una strofa caratterizzta da ritmi quasi da ballo medievale, e un lungo assolo di chitarra di Gary Green. Nel complesso però il pezzo, proprio perché ricapitola tutte le tendenze del gruppo, da una sensazione di deja vu, e non di summa come forse avrebbero voluto. La graziosa ma inessenziale "A Reunion" è un breve interludio folk da camera, per voce, chitarra acustica, basso elettrico, violino e violoncello.

Il brano eponimo conclusivo ribadisce però ancora una volta la genialità del quintetto, riuscendo pienamente lì dove "Way of Life" aveva fallito, fra folk progressive cameristico, impiego dei fiati, sprazzi di rock duro condotti da Green, sottotrame inattese e spazi riservati alle usuali, improvvise aperture melodiche, suscitando meraviglia nell'ascoltatore.

Pur con i suoi limiti, "In a glass house" spinge ancora più avanti le caratteristiche di astrazione e spigolosità presenti già nei primi dischi dei Gentle Giant, e sarà una influenza enorme sulla nascita del cosiddetto rock in opposition, sottogenere del progressive che stava prendendo il via proprio in quel periodo grazie a gruppi come gli Henry Cow. Nonostante ciò, questo è il primo album dei Gentle Giant a non essere universalmente accolto nell'Olimpo dei classici del progressive britannico.

- Prog Fox



Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...