venerdì 21 luglio 2023

Blur: "The Ballad of Darren" (2023)

Esce oggi "The Ballad of Darren", nona, nuova fatica discografica dei Blur. Ormai cinquantacinquenni, sopravvissuti a scioglimenti e litigi, si sono ritrovati per la prima volta da oltre vent'anni tutti e quattro in una stanza a incidere un disco come si faceva una volta. E pur senza realizzare un capolavoro, i risultati premiano al di là delle aspettative questo disco malinconico, grigio e dimesso.



(disco completo --> https://tinyurl.com/mr2jexxh)

Ci sono artisti che vivono, la scrittura come una imposizione, e poi ce ne sono altri affetti da una insopprimibile logorrea creativa, alcuni dei quali sinceramente ben oltre il sostenibile. I Blur appartengono sicuramente alla seconda categoria. Anche se per fortuna non raggiungono i livelli di incontinenza di un Robert Pollard, nel 2015 i Blur pubblicarono il loro ottavo album "The Magic Whip", il cantante e tastierista Damon Albarn pubblicò quattro dischi con i Gorillaz nel 2017, 2018, 2020 e 2023 e un album solista nel 2021, il chitarrista Graham Coxon pubblicò un album con il progetto Waeve nel febbraio di quest'anno, e il batterista Dave Rowntree il proprio primo disco solista a gennaio sempre del 2023.

Il vostro umile recensore non ha semplicemente avuto la capacità di ascoltare tutta questa messe di album, per cui il giudizio sarà in parte influenzato dalla mancanza di certi riferimenti.

Quando si ascolta "The Ballad of Darren", che trae il suo nome da Darren Evans, guardia del corpo prima del gruppo e ora del solo Albarn, scelto come simbolo di tutto il loro mondo passato e presente, è che il disco è straordinariamente compatto e coerente, caratterizzato da un suono malinconico, con abbondanza di tempi moderati e tonalità minori, nonché di cori deliziosi che ricordano i 10cc e i Queen degli anni settanta. Probabilmente è grazie alla fertilità della loro scrittura che i quattro Blur hanno potuto scegliere per questo disco solo un insieme di canzoni collegate dai temi lirici e dall'atmosfera musicale, cosa indubbiamente che rende l'album positivamente scorrevole e amichevole nei confronti dell'ascoltatore.

La malinconia è giustificata dal tema centrale dell'album, ovvero l'invecchiamento. Perché questo è brit-pop per gente di mezz'età, nel bene e nel male e le canzoni che definiscono il suono del disco sono dimesse, quasi narcolettiche come "The Ballad", "Russian Strings", "The Everglades", "Far Away Island". Difficile immaginarsi il pubblico di riferimento di questa musica certamente gradevole, ma troppo pop per i goth e i dark, troppo brit anni novanta per i giovani, troppo lenta per i rocker.

Così quello che impedisce al disco di affondare non sono tanto gli esitanti tentativi di recuperare certo dinamismo rock'n'roll ("St. Charles Square"), quanto momenti in cui la malinconia si rifiuta di essere esangue, come nella stupenda "The Narcissist", in cui Coxon ruba un riff agli Arctic Monkeys (probabilmente su suggerimento del loro produttore James Ford) e Alex James da un piccolo saggio di come arrangiare il basso in un pezzo pop rock, o nella seguente "Goodbye Albert", dal vago sapore elettronico e chiusa da un più che delizioso assolo di Coxon.

Sublime anche la chiusura di "The Heights", certamente uno dei momenti emotivamente più intensi ('seeing through the coma in our lives, something so bright out there you can't even see it/are we running out of time? something so momentary that you can only be it?'), con un inatteso finale noise.

Ormai cinquantacinquenni, i Blur, sopravvissuti a scioglimenti e litigi, si sono ritrovati per la prima volta da oltre vent'anni tutti e quattro in una stanza a incidere un disco come si faceva una volta, tutti insieme e poi al mixer con il produttore, perfezionando gli arrangiamenti insieme, come non avevano fatto, a detta loro, da "13" nel 1999. E anche questo modo di lavorare è certo frutto della nostalgia dei tempi andati, del rimpianto, forse di qualche rimorso al quale, fortunatamente, sono sopravvissuti e possono avere messo una pietra sopra.

Viste l'abbondanza di materiale realizzato negli ultimi tempi e la capacità di scrivere ancora brani di altissimo livello, non è detto che i Blur non abbiano in canna un altro, ultimo capolavoro che ci aspetta nei prossimi anni. "The Ballad of Darren" però non lo è; ma è comunque un altro rispettabile disco, caratterizzato da picchi assoluti, che si aggiunge al canone già imponente di una delle formazioni più interessanti e intelligenti sorte dagli anni novanta.

- Prog Fox

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