Esce dieci anni fa oggi "More Light", decimo album dei Primal Scream. Incredibile pensare che questi scozzesi attivi all'epoca già da un trentennio riescano a realizzare un ennesimo capolavoro, degno di ben figurare al fianco dei loro dischi più apprezzati come "XTRMNTR" e "Screamadelica". Un'ora di attacco sonoro psichedelico conclusa da due ballate che rappresentano la luce alla fine del tunnel. E se non basta a convincervi, c'è anche la versione deluxe. Ospiti Kevin Shields, Mark Stewart e Robert Plant.
(disco completo: https://tinyurl.com/ysnrvkr4)
Nel 2013, Bobby Gillespie e Andrew Innes, rispettivamente voce e chitarra dei Primal
Scream, sono da lungo tempo gli ultimi sopravvissuti della formazione originale, e in
oltre un quarto di secolo di carriera discografica ne hanno viste, ma soprattutto
suonate, di tutti i colori. Dagli esordi psych-pop alla violenza post-industrial di
XTRMNTR, passando per la trance-blues dell’altro capolavoro generazionale
“Screamadelica”, il root-rock dei sottovalutati “Give Out but Don’t Give up” e “Riot
City Blues” e i momenti in mezzo al guado di “Vanishing Point” e “Beautiful Future”,
l’unica possibile definizione per i Primal Scream è quella di una band psichedelica a
tutto tondo, con solidi approdi sia sulle coste dell’elettronica più spinta che su quelle
del blues più svaccato. Permanente impermanenza, con la fascinazione per una
manciata di band storiche (gli MC5 e i Rolling Stones, soprattutto) come unica stella
polare. Con l’uscita del decimo album “More Light”, l’ostinata fuga dalle facili
classificazioni prosegue, con sommo disappunto degli ossessivi compulsivi della
categorizzazione.
Il disco fa ampio uso di fiati e scale atonali, a partire dall’uno due in apertura, affidato
alla cavalcata jazz-rock “2013” e alla chimera blues-jazz dell’immediatamente
successiva “River of pain”, per poi violentemente virare verso lidi ben più pesanti
prima con “Culturecide”, che starebbe da dio in XTRMNTR, e poi con la cavalcata
psych-punk-rock di “Hit Void”. Ad unire il valzer Clashiano di “Tenement Kid” con le
screziature elettroniche del funk-rock di “Invisible City” e del blues di “Goodbye
Johnny” c’è praticamente solo la torrida psichedelia che, come da copione, fa da
bussola a tutto l’album. Come altro potrebbero un’elettronica quasi-industrial e delle
luride armoniche stare insieme, se non immerse (assieme all’ospite Robert Plant)
nell’acidissimo mood di “Elimination Blues”? C’è spazio per il rock molto asciutto di
“Turn Each Other Inside Out” (che fa a più riprese pensare a “Jigsaw Falling Into
Place” dei Radiohead) prima del finto relax di “Relativity”, costantemente rotto da un
muro di elettronica e chitarre noise che farebbero impallidire Kevin Shields (che
comunque un ruolo lo ha, suonando la chitarra glide su “2013” e in altri momenti
dell’album). A questo punto è passata quasi un’ora di assalto sonoro all’ascoltatore,
e i nostri finalmente staccano il piede dall’acceleratore: a chiudere la versione
“normale” dell’album ci sono la delicata ballad “Walking with the Beast” e il sontuoso
gospel-blues di “It’s Alright, it’s Ok” a rassicurarci che sì, c’è luce alla fine di questo
tunnel.
Senza stare a menarla troppo sulla version “Deluxe” dell’album (in breve: i due brani
addizionali sul disco uno sono dimenticabili, sul disco due sono invece davvero
pregevoli “Nothing is Real, Nothing is Unreal” e “Worm Tamer”), possiamo definire
“More Light” come il disco definitivo degli Scream, il grimorio di tutte le forme di
magia sperimentate in una carriera lunga e prolifica (il giusto). Non raggiunge l’estasi
easy-listening di “Screamadelica”, nè il fervore nichilista di “XTRMNTR”, gli altri due
capolavori degli scozzesi, ma ne costituisce il punto d’unione, l’ago della bilancia, la
luminosa albedo alchemica. Pur essendo l’incrocio tra tutte le strade battute da
Gillespie e soci costituisce il punto di partenza, quanto quello di arrivo per chi si
vuole avvicinare a questa band seminale. Ne vale la pena, parlando in generale.
- Spartaco Ughi
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