lunedì 1 maggio 2023

Built to Spill: "Ultimate Alternative Wavers" (1993)

Esce nel maggio di trent'anni fa "Ultimate Alternative Wavers", disco degli americani Built to Spill, originari di Boise, Idaho. L'ambizione abbastanza evidente del cantante e chitarrista Doug Martsch è di essere il Neil Young della generazione grunge. Fatto sta che con questo disco perfetto che mescola post rock, grunge e college rock il trio riesce in pieno a soddisfare le sue ambizioni. E riesce anche a non annoiare nonostante una certa propensione ai tempi moderati, soprattutto grazie alla sfrenata fantasia chitarristica del leader.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/2s487ky6)

Cosa sarà del college rock al tempo del grunge? I Replacements si sono sciolti, i Camper Van Beethoven normalizzati, i R.E.M. dominano le classifiche con un suono più raffinato e ripulito. I gruppi degli adolescenti e dei giovani vengono da Seattle e hanno le camicie da boscaioli, o sono loro amici o imitatori come gli Smashing Pumpkins (tolta la minoranza che ha riscoperto il punk o è ancora fedele al thrash). Quindi?

Quindi arrivano i Built to Spill, una delle più misconosciute e influenti band degli anni novanta, fondamentali nel definire l'estetica indie di un ventennio. Esagerazioni? Può darsi, come sempre quando si parla di una band così grande, così di culto, così poco nota fuori dagli ambienti di appassionati.

Doug Martsch, classe 1969, originario di Boise in Idaho, forma i Built to Spill nel 1992, dopo essere uscito dai Treepeople, gruppo di Seattle fondato da altri ragazzi della sua città. Il retroterra culturale e musicale di Martsch è quello degli altri ragazzi del grunge, ma rispetto a loro il ragazzo con la barba ha due grandi differenze: ha una voce nasale e tenorile, ed è innamorato degli assoli chilometrici.

Probabilmente ha anche un'altra differenza: è un tipo calmo, già sposato, che ama i tempi medi in musica e trasmette, invece del senso di rabbia, malinconia e disagio dei suoi colleghi, una certa serenità, fornita di una punta di distaccata ironia. Questo almeno si intende dalla sua musica e da quella dei suoi compagni di percorso, il bassista Brett Netson e il batterista e cognato Ralf Youtz.

L'idea dei Built to Spill non è rivoluzionaria e non è probabilmente neppure una scelta ideologica: si tratta semplicemente di condurre un trait d'union nella musica alternativa americana, qualunque cosa ciò voglia dire, che unisce Neil Young (sicuramente il musicista più simile stilisticamente a Doug Martsch, tanto come cantante quanto come chitarrist), il college rock, sia quello dei Camper Van Beethoven e dei R.E.M., ma anche quello già post rock di Bastro e Slint, e il grunge di Seattle. Tutte queste influenze sono evidenti semplicemente ascoltando i 58 minuti dell'album, che scorrono liquidi e gustosi come un ottimo sidro dell'Idaho (ammesso che in Idaho facciano il sidro, boh).

Il rabbioso tempo medio "The First Song" ci mette già di fronte alla sfrenata logorrea chitarristica di Martsch, e alla imperfetta, sporca perfezione di Netson e Youtz nel ruolo di novelli Crazy Horse (la sezione ritmica che ha accompagnato per decenni la carriera di Neil Young, appunto). Come abbiamo già detto sono proprio questi tempi medi a caratterizzare molta dell'opera dei Built to Spill, ma la fantasia melodica di Martsch, le sottili accelerazioni ritmche e l'impasto superlativo dei tre musicisti toglie qualsiasi rischio di tedio alla musica: si ascoltino "Three Years Ago Today", con le sue inebrianti ondulazioni chitarristiche alla Television, o la bizzarra "Nowhere Nothin' Fuckup", che ruba il testo a "Oh! Sweet Nuthin'" dei Velvet Underground e il titolo a Philip K. Dick.

Le influenze dei R.E.M. e del grunge si sentono in brani come "Revolution" (sebbene l'armonia che sottende al ritornello sia assolutamente originale e inclassificabile), "Get a life" e "Lie for a lie", pezzi più accelerati e grintosi dei precedenti, anche se non necessariamente più riusciti.

Meraviglia delle meraviglie, "Shameful Dread", otto minuti di progressive grunge college rock, ammesso che sia mai esistito qualcosa del genere: incantati di fronte a una chitarra dal tono sporchissimo, veniamo sollevati e lanciati attraverso cavalcate youngiane di chitarra, con la sezione ritmica violenta e potente di Netson e Youtz perfetto confine entro il quale seguire assolo dopo assolo, strofa dopo strofa, punteggiati dal pianoforte dell'amico Todd Dunnigan, per poi chiudere con un delizioso arpeggio acustico che rievoca John Fahey, Leo Kottke e Jimmy Page.

Chiaramente il disco non è ancora un capolavoro: qualche lungaggine rimane (perché mettere "Built too long", un riempitivo di nove minuti, in coda a un album che dura un'ora?), ma rimane pur sempre un esordio pazzesco di un gruppo destinato ad avere un peso molto maggiore di quello dei dischi effettivamente venduti.

L'idea che la ricombinazione di qualsiasi influenza precedente all'interno di un contesto essenziale chitarra/basso/batteria riportato alla luce dal grunge fosse il futuro della musica indipendente americaa nasce a Boise con i Built to Spill. In questo senso Doug Martsch è il fratello maggiore sia di Iron & Wine, Fleet Foxes, Shearwater, Arcade Fire, Beirut, Okkervil River, National, che della successiva generazione di gruppi post-rock nordamericani come i Godspeed You! Black Emperor.

- Prog Fox



#builttospill #ceraunavoltailrock #ceraunavoltil1993 #dougmartsch (voce, chitarre) #brettnetson (chitarre, basso, voce) #ralfyoutz (batteria) #todddunnigan (ospite; tastiere) #jamesdillon (ospite; piano) #jakecarpenter (ospite; violino)

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...