(disco completo: https://tinyurl.com/mvu2cda4
"Seni e coseni" (1981) era stato un disco piuttosto interlocutorio nella carriera del nostro, che sembrava destinato a cercare di ripetere i fasti del suo periodo 1977-1980 senza riuscire compiutamente a rinnovarsi. Ma non è così: nel 1983 Ivan Graziani pubblica un nuovo lavoro in cui ritrova l'ispirazione guardando dentro se stesso, un lavoro profondamente personale dal titolo volutamente omonimo.
Ivan registra a Milano e Carimate con il produttore, direttore d'orchestra, pianista e tastierista Gian Piero Reverberi (Fabrizio de Andrè, New Trolls, le Orme, Lucio Battisti, Lucio Dalla) e il batterista Walter Calloni, affiancando loro i bassisti Bob Callero e Beppe Pippi e la seconda chitarra di Claudio Bazzari, tutti musicisti di prestigio. Ai cori con Ivan troviamo Gian Piero e Beppe, oltre ad Antonella Melone e Pierluigi Grandi. Alfredo Rapetti, figlio di Mogol, in arte Cheope, supporta Graziani nella stesura di alcuni testi.
Il pubblico, in un'era dominata dal synth pop e che vede una generale crisi del cantautorato, è distratto, e ascolta con attenzione scarsa il suo nuovo lavoro. Ma è un errore imperdonabile: il disco è uno dei migliori di Ivan, comparabile ai più celebri e celebrati dei suoi anni d'oro.
Come detto, si tratta di un album dalla componente autobiografica: "Nino Dale and his Modernists" rievoca le prime esperienze professionali di Graziani come chitarrista per quella band, "Signora bionda dei ciliegi" è una canzone strepitosa, che anticipa "Maledette malelingue" cercando nei ricordi di un quindicenne innamorato di una donna più grande, "Il chitarrista" non può che essere una scanzonata, autoironica descrizione di se stesso.
Tutti i brani sono caratterizzati dall'ariosità e leggerezza della produzione perfetta di Reverberi, ma sono sempre molto più articolati di quanto gli arrangiamenti e la voce di Graziani facciano capire. Per esempio, "Navi" è un altro capolavoro di questa abilità: quattro sequenze armoniche diverse (strofa, primo ponte, secondo ponte, ritornello), con un coro memorabile ('tu sei libeccio ed io maestrale, son sempre venti sì, ma non è uguale'), la capacità di sostenere con leggerezza infinita la complessità, mascherandola da canzonetta. In "Palla di Gomma", sono la batteria di Calloni e gli archi di Reverberi a dettare un crescendo che a fine brano avvolge l'ascoltatore completamente senza che si sia accorto di come vi sia stato trasportato.
La gioiosa, brillante "140 kmh" riprende l'amato tema del viaggio che dava il nome a uno dei suoi dischi più felici ("Viaggi e intemperie", 1980) tra sogni di vacanze jugoslave. "Torna a casa Lassie" è una delle storie sarcastiche di Graziani, che racconta il deludente incontro con un vecchio amico finito male. Il disco si chiude con l'immagine del "Gran Sasso", ancora una volta all'insegna del ritorno all'Abruzzo delle sue origini e dei ricordi della giovinezza. Questi ultimi due brani sono lievemente sottotono rispetto agli altri, dando una vaga impressione di stanca sulla fine dell'album, senza però incidere sulla sua godibilità generale.
LP personale e riuscito, caratterizzato da una incredibile misura (l'aurea mediocritas oraziana), è una gemma poco conosciuta ma assolutamente imperdibile per gli amanti del cantautore abruzzese.
- Prog Fox
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