martedì 3 gennaio 2023

Mahavishnu Orchestra: "Birds of Fire" (1973)

Viene pubblicato cinquant'anni fa oggi "Birds of Fire", secondo album del supergruppo fusion/jazz rock multinazionale Mahavishnu Orchestra. Formato dal chitarrista britannico John McLaughlin assieme al batterista afroamericano Billy Cobham, al violinista americano Jerry Goodman, al bassista irlandese Rick Laird e al tastierista cecoslovacco Jan Hammer, il gruppo si dedica a un jazz rock ultratecnico e molto più fortemente influenzato dal progressive rock britannico che non dalla fusion di Miles Davis.



(disco completo: https://tinyurl.com/mreva3h

Formata dal chitarrista britannico John McLaughlin, trasmigrato in America per suonare con Miles Davis e i suoi eroi del jazz anni sessanta, dichiaratamente nata con l'ambizione di essere la formazione più tecnica e virtuosistica di tutti i tempi, e presto in diretta concorrenza con Weather Report e Return to Forever, la Mahavishnu Orchestra conferma in questo secondo album di avere molto più in comune con il rock progressivo europeo che non con Miles Davis.

Non che ci sia nulla di male, ma se non ci fosse Jan Hammer, le cui soluzioni melodiche sono fortemente comprese nel jazz, e se Billy Cobham non avesse solide credenziali jazz, nessuno troverebbe nulla di male nell'affiancare il gruppo agli Yes e ai King Crimson più che a gruppi intrisi di funk e latin jazz. Qui infatti percorriamo territori che sono meno jazz e più prog persino del coevo Santana di "Caravanserai" e "Welcome".

Non che ci sia nulla di male, anzi: va solo a sottolineare quanto siano importanti preconcetti, stereotipi, storie personali dei musicisti e pregiudizi dei critici a guidare l'inscatolamento della musica in definizioni che spesso sono imprecise, e che dovremmo ricordarci sono utili solo per avere una idea generale di ciò di cui parliamo. Quello che conta è la qualità della musica e su questa non c'è veramente nessuna riserva: "Birds of Fire" è un disco impeccabile, come ci aspetteremmo da un quintetto di virtuosi come questo.

Se si può fare una critica al disco, assolutamente godibile ed intenso, è che si tratta di un seguito un po' prevedibile del capolavoro che fu il loro esordio "The Inner Mounting Flame". Al di là della devastante traccia eponima che apre il disco, e della dedica a Davis "Miles Beyond", c'è solo quella meraviglia di progressive country che è "Open Country Joy", con un grandioso Goodman e un Laird che riesce persino a infilarci del basso funky, a sorprendere davvero l'ascoltatore.

Forse l'atteggiamento di McLaughlin, che si ostina a mantenere il controllo assoluto sul gruppo e a imporre solo proprie composizioni a personalità così forti e indipendenti, sta già cominciando a creare i problemi che porteranno alla dissoluzione della formazione a fine anno, dopo il fallimento nell'incidere il terzo album e una estenuante serie di concerti.

- Prog Fox

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