sabato 3 dicembre 2022

Franco Battiato: "l'Arca di Noè" (1982)

Veniva pubblicato quarant'anni fa oggi "l'Arca di Noè", quarto album dal ritorno del cantautore e musicista catanese Franco Battiato alla musica popolare, dopo un lungo flirt con l'avanguardia e il minimalismo. Il disco ospitava almeno un altro enorme successo, "Voglio vederti danzare", e raggiunse il primo posto nelle classifiche italiane. Battiato proseguiva il fortunato rapporto alla confluenza fra la musica classica (gli arrangiamenti di Giusto Pio), il synth pop (l'uso di sequencer e nuovi sintetizzatori, con numerosi addetti a programmazione e synth oltre al tastierista Filippo Destrieri) e il rock (il chitarrista Alberto Radius, il bassista Paolo Donnarumma e il batterista Alfredo Golino).



(disco completo: https://tinyurl.com/4usdtfwu

I risultati artistici e commerciali hanno sorriso a Franco Battiato, catanese classe 1943, sui suoi ultimi tre album, "l'Era del Cinghiale Bianco" (1979), "Patriots" (1980) e soprattutto "la Voce del Padrone" (1981), uno dei dischi di maggiore successo della musica italian. Dopo i primi LP partiti da Pink Floyd e krautrock e poi indirizzatisi prima verso l'avanguardia rock e poi verso il minimalismo, su questi dischi Battiato vira sorprendentemente alla musica autoriale, sempre infusa di un tratto prog/sperimentale che non disdegna di flirtare con arrangiamenti classici (grazie al lavoro con l'amico Giusto Pio, maestro di violino e direttore d'orchestra veneto classe 1926).

"l'Arca di Noè" nasce sotto le stesse coordinate: Battiato e Pio aumentano un po' il peso delle nuove tecnologie, utilizzando oltre alla ormai consolidata squadra di collaboratori (Filippo Destrieri alle tastiere, Alberto Radius alle chitarre, Paolo Donnarumma al basso e Alfredo Golino alla batteria) e ai vecchi amici del Coro dei Madrigalisti di Milano anche un gruppo di tecnici addetti alla programmazione di nuovi sintetizzatori e all'elettronica; ma sia liricamente sia melodicamente i tratti caratteristici dei precedenti dischi rimangono.

Da un lato, giocare sul sicuro significa colpire ancora nel segno già dal pezzo iniziale, quella "Radio Varsavia" straziante ed elegiaca che, critica nei confronti della repressione comunista in Polonia, gli valgono assieme ai troppi riferimenti mistico-spirituali dei suoi testi accuse di collusione con le nuove destre; oppure nell'audace sperimentazione ritmica e corale di "New Frontiers", in cui spicca la splendida la prova alla batteria di Golino, che danza sapientemente fra i numerosi cambi di tempo dl brano, passando agilmente dai 12/8 ai 10/8 ai 4/4.

In compenso risultano episodi certamente minori della sua discografia la pur dolcissima "Clamori" (testo del mistico francese Henri Thomasson, con lo pseudonimo di Tommaso Tramonti), l'incongrua "l'Esodo" (ancora su liriche di Tramonti, ma con i Madrigalisti e le tastiere in ruoli troppo invasivi, redenta solo dal ritornello in stile classico dell'autore) e l'ossessiva "la Torre": qualcosa non torna, forse troppo modeste le innovazioni rispetto alla robusta dose di riutilizzo di materiale tematico già sentito, il che su un disco lungo 27 minuti non è certamente il massimo.

Qualche incertezza, però, che importanza ha, quando il disco offre capolavori come "Voglio vederti danzare" e soprattutto "Scalo a Grado", ennesima prova del cantautore degna di figurare nel pantheon assoluto della musica italiana? Chi altri se non Battiato e Pio saprebbero tessere i superbi arrangiamenti vocali cantati dal suo falsetto incerto, che celebra con gli occhi del siciliano il Nord-Est dell'amico fraterno con una poesia che stordirebbe ogni veneto e friulano, sul tappeto ritmico vagamente sincopato di Golino e del basso fiammeggiante di Donnarumma, fra gli incisivi fraseggi della chitarra di Radius? Chi altri potrebbe connettere con pochi versi il valzer viennese, i balli tradizionali irlandesi e i dervisci tourneurs turchi?

Il discorso musicale di Franco Battiato non si discosterà da questo andamento: mantenere la linea armonica e melodica inaugurata ormai nel 1979 con "l'Era del Cinghiale Bianco" aumentando sempre più le dosi di synth ("Orizzonti Perduti", 1983) salvo poi ritornare sui suoi passi ("Mondi Lontanissimi", 1985). L'incertezza sul futuro autoriale sarà superata solo grazie a un riorientamento verso la musica lirica e a nuove commistioni con il pop ("La Genesi" e "Fisiognomica", entrambi del 1988).

- Prog Fox

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