martedì 15 novembre 2022

Cesare Cremonini: "Bagus" (2002)

Usciva il 15 novembre di vent'anni fa "Bagus", primo album del cantautore bolognese Cesare Cremonini. Dalle ceneri dei Lunapop il Cremonini emerge col bassista Ballo e si colloca con intelligenza sulla scia del nuovo pop cantautorile della sua città, seguendo le orme di Samuele Bersani, Luca Carboni, Stadio e, ovviamente, Lucio Dalla. Sarà l'inaspettato inizio di una ottima carriera.



(disco completo: https://tinyurl.com/yr385k38

Per alcuni cantanti italiani (almeno fino a 10-20 anni fa) il massimo apice della carriera è diventare cantautori. Questo ovviamente non significa che tutti i cantanti italiani, tra il pop, il folk e la world music, aspirano a questo altisonante titolo. Ma chiaramente ci sono alcuni che veramente ci tengono e la loro carriera è costellata di tentativi più o meno riusciti per giungere al riconoscimento tanto ambito. Cesare Cremonini è indubbiamente uno di loro e “Bagus” è la sua prima tappa: un disco di immenso successo e così tanto lontano dai vicinissimi esordi, da scagliarlo fin da subito nella grande sala degli italici cantori.

C’era già qualcosa nei Lunapop, nonostante i video colorati, le ospitate in tv, i testi leggeri, i concerti con le ragazzine… per giudicarli qualcosa di diverso (o di grande?) nell’affollato palinsesto delle boy band all’italiana. Il loro unico album, “...Squérez?” va oggi rivisto sotto una lente diversa, soprattutto per la carriera che Cremonini impronterà dopo l’inevitabile scioglimento. Non si tratta (solo) di una band fatta in provetta da cinici produttori, nonostante il nome accattivante e l’album dalla copertina giocherellona. C’è altro in quelle tracce, non da subito decodificate e comprese dalla critica, ma amate da quel pubblico che a fine anni ’90 ancora sogna e balla al ritmo di canzoni pop usa e getta, senza rimorsi e senza pensieri superflui.

Ma qui c’è un distinguo da fare, perché la scena musicale bolognese è diversa. In primis c’è Lucio Dalla, che tutto vede e tutto sente, soprattutto quando si tratta di note della sua città. La musica è una cosa seria a Bologna, e non amano di certo l’etichetta “pop”. E per questo motivo Cremonini si prende quello che può dai suoi Lunapop (opziona Nicola "Ballo" Balestri, almeno per qualche tempo) e si tuffa nell’avventura solista; produce sempre il grande Walter Mameli e l’etichetta è Warner Music Italy, con grandi aspettative. Il risultato è un album particolarmente ispirato, financo barocco, a partire dalla copertina così lontana dai canoni nostrani: la voglia del Nostro di mettere tutto e subito in musica si sente e si vede.

Cremonini omaggia i suoi amori inglesi con una serie di brani inequivocabilmente evocativi: “Piccola Ery” è una ballata beatlesiana, “Mary seduta in un pub” ha un intro alla Ian Brown, “Mille galassie” ha quel tono dolce da mod pentito.

I singoli estratti decreteranno il successo tanto atteso, confermando una vocazione melodica e strumentale di Cremonini, che ama la ballata ma anche l’artificio orchestrale a completamento di una melodia semplice ma di grande effetto: sono le base del suo successo che lo porterà dai concerti coi soli orfani dei Lunapop agli stadi delle grandi città. La firma cantautorale prova ad arrivare con “Due stelle in cielo”, breve traccia che sembra un brano del grande Lucio, ma non senza qualche piccola banalità nel testo.

Cremonini è già un’artista maturo, esperto e capace nel dosare testi e melodie, utilizzare pezzi orchestrali per creare effetti un po’ ruffiani ma sicuramente innovativi. Non può essere ascritto alla scena pop che va e viene, come una marea che rilascia sul bagnasciuga delle top ten quelle tonnellate di plastica rigurgitata dal grande mare della musica. La sua esperienza musicale, con alti e bassi, racconta una storia che inizia con Bagus e ha portato sincere ventate di novità, in una scena musicale che negli ultimi vent’anni ha saputo innovare solo nella quantità di tatuaggi in faccia ai suoi sedicenti cantanti italiani.

Riscoprire questo esordio a tanti anni dalla sua pubblicazione è qualcosa che può risultare interessante, anche a coloro, come il sottoscritto, che all’epoca ignoravano il fenomeno con snobistica distanza, derubricandolo a semplice causa-effetto nel trafficato mondo del pop italiano. Oggi riflettiamo con mente pura e quindi, superati i giovanili ardori, godiamoci una disco che è uno splendido punto d’inizio.

- Agent Smith

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