mercoledì 5 ottobre 2022

R.E.M.: "Automatic for the People" (1992)

Trent'anni fa oggi usciva "Automatic for the People", album degli americani R.E.M. che confermava il loro prestigio e il loro successo commerciale, entrambi certificati l'anno prima con il travolgente "Out of time". Arrangiato con l'aiuto dell'ex-Zeppelin John Paul Jones, il disco è uno dei più celebrati della loro carriera e uno dei più famosi della loro produzione, oltre che uno dei dischi che hanno segnato la storia del rock alternativo e della musica dei primi anni novanta.



(Disco in versione deluxe: https://bit.ly/3CaYJyb)

In piena estasi creativa, i R.E.M. iniziano a comporre le tracce che costituiranno "Automatic for the People" subito dopo la pubblicazione di "Out of time", il loro fortunatissimo disco del 1991, proiettato a vendite multimilionarie anche grazie a singoli come "Shiny happy people" e soprattutto "Losing my religion", probabilmente la canzone più nota della loro intera carriera.

Mentre il cantante Michael Stipe si prende una pausa di riflessione, il resto del gruppo (il batterista Bill Berry, il bassista e seconda voce Mike Mills e il chitarrista Peter Buck) si chiude in sala prove con l'idea di creare un seguito più hard e rock & roll alle divagazioni folk e pop del predecessore. Le cose però non vanno proprio come le avevano concepite, e sebbene alcune canzoni seguano questa idea, molti dei nuovi pezzi si incardinano invece sulle strutture di "Out of time", di cui rappresentano una sorta di seguito più cupo e introverso. Quando Stipe si riunirà agli amici in studio, sarà su queste coordinate musicali che concepirà i suoi testi e le sue linee vocali.

Il capolavoro introspettivo di "Automatic for the People", la "Losing my religion 2" voluta tanto dal pubblico che dal mercato, è "Everybody hurts", che sebbene percorra sentieri simili, mostra anche la volontà testarda di non ripetersi. C'è un tocco di dolcezza che in "Losing my religion" manca, ci sono gli arrangiamenti dell'ex-bassista dei Led Zeppelin John Paul Jones, c'è un inedito, inatteso e sublime crescendo finale, dominato dagli archi - tutto cambia.

Delle ambizioni rock dell'album sono rimasti l'hard rock sarcastico di "Ignoreland"; il capolavoro surf rock "The Sidewinder Sleeps Tonite", con una delle prove vocali e uno dei più memorabili ritornellidel disco; e uno dei pezzi più amati dell'album, la delizia melodica di "Man on the Moon", dedica a quel personaggio meraviglioso e anticonformista che è stato il comico Andy Kaufman, immortalato poi dall'omonima pellicola di Milos Forman con Jim Carrey (1999).

Il resto di "Automatic for the People" è in gran parte dedicato a brani introspettivi: alcuni struggenti come la già citata "Everybody hurts"; altri deprimenti come la cupissima "Drive", caratterizzata da continui stop-and-go e da una declamazione funerea e sofferta di Stipe; altri ancora interlocutori, come lo splendido strumentale "New Orleans Instrumental No. 1", con Mills al contrabbasso. "Try not to breathe", riflessione di Stipe sulla morte della nonna, è un folk rock sardonico e amarognolo, caratterizzato da una atmosfera da pelle d'oca anche grazie al delicato arrangiamento all'insegna di chitarre acustiche, mandolino e armonie vocali superlative.

Agrodolci sono poi altri due perle del disco, la solenne "Sweetness follows", con le sue onde di chitarre acustiche e violoncello, e soprattutto "Nightswimming", condotta magistralmente dal pianoforte di Mills e decorata dagli archi di Jones e dall'oboe di Deborah Workman. La sensazione di pace di una notte di fine agosto, ripensata con nostalgia ai primi di ottobre, rappresenterebbe il finale perfetto per questo album. E così è sempre rimasto incomprensibile al vostro recensore la scelta di far seguire ad essa "Find the River", brano assolutamente dignitoso ma che forse sarebbe stato meglio posizionare prima.

Sebbene "Automatic for the people" non contenga né un classico come "Losing my religion" né momenti di purissima gioia come "Shiny happy people" e "Near wild heaven", è un disco che non ha niente da invidiare al suo predecessore. Un insieme che vale più della somma delle sue parti, caratterizzato da un dolore esistenziale lancinante che affratella i neo-trentenni di Athens, Georgia, con i loro cugini appena più giovani di Seattle, Washington. E da lì, ai giovani di quel tempo e di ogni tempo, di quel mondo e del nostro mondo.

- Prog Fox

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