giovedì 6 ottobre 2022

Lucio Battisti: "Cosa succederà alla ragazza" (1992)

Usciva il 6 ottobre di trent'anni fa "Cosa succederà alla ragazza", quarto album della collaborazione fra Lucio Battisti, uno dei più preminenti cantautori italiani, e il paroliere ermetico Pasquale Panella. Come sempre dopo la fine del sodalizion con Mogol, Lucio mette al primo posto la sperimentazione e la ricerca di suoni nuovi rispetto alla melodia, spiazzando pubblico e critica e confermando la propria unicità nel panorama musicale italiano.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/2s4kkpc9)

“Cosa Succederà alla Ragazza” è il quarto disco della collaborazione tra Lucio Battisti e Pasquale Panella. Lasciate alle spalle ogni vestigia synthpop con il precedente “La Sposa Occidentale” (capolavoro superlativo, l’abbiamo già scritto ma repetita iuvant, come diceva quel crucco di Shakespeare), Battisti si avventura con grande confidenza in territori nuovi. Ampio spazio, da un lato, a suoni e ritmi ispirati all’italodisco e all’eurodance, ma anche esperimenti tangenti il rap e in generale una sperimentazione elettronica sempre più spinta e, salvo limitate eccezioni, qui molto lontana dalla melodia catchy. Un passaggio importante, anche se non il migliore né il più significativo, dell’epopea dei dischi bianchi: le musiche e l’interpretazione risentono del salto di genere e influenze, e suonano, a tratti, fin troppo artificiose. Gli esperimenti rap di “Tutti i Negozi” e “Cosa Farà di Nuovo” fanno sorridere, nel loro approccio asettico ad un genere sudaticcio e rovente; i momenti dance sono altalenanti, e certo c’è la title track che è un concentrato di epicità, “Così gli Dei Sarebbero” è difficile ma digeribile, e anzi memorabile una volta fatta propria. Poi certo, c’è “La Metro Eccetera”, tra i brani migliori del Battisti bianco, e una delle migliori canzoni pop del ricciolino di Poggio Bustone.

Ma se le musiche sempre più astratte e algide sono ormai la norma, per l’ultimo Battisti, i testi ci lasciano vieppiù basiti. Neanche questa è una novità, come “L’Apparenza” sta lì a dimostrare; ma in questo caso la frustrazione è diversa, perché “Cosa Succederà alla Ragazza” è un concept album, incentrato sulla vita di un certo personaggio femminile… e qui le cose si fanno complicate, perché l’album inizia parlando de “L’alba, la barba, la curva della gola, rasoiate che sono orli di gonna” per poi proseguire nominando “uccelli appostatissimi nell’aria, come chiodi senza quadri alle pareti” e disquisendo poi di ciò che dicono di lei: “Che la vogliono suonare, appesa al campanile, che la vogliono ricoprire di cioccolata, che la vogliono servire in bocca, ad una bocca sterminata di forno”. E il dubbio di questo umile recensore, inespresso dal resto della critica (al meglio delle nostre conoscenze), è che la ragazza al centro di questa narrativa sia transgender, costretta a nascondere il proprio segreto. Ma se così fosse, pochissime altre indicazioni sarebbero evidenti alla vista: “E dirmelo potevi dirlo prima, o farmelo capire, o farmelo capire” dice qualcuno a qualcun altro in “Tutte le Pompe”, e chissà che non si parli di transizione di genere e dead-naming; “Sono io quella ragazza dice, puntando il dito come viene viene, In uno sprazzo acrilico a colori mimetici soltanto di se stessi”, e forse parla di disforia di genere in “Però il Rinoceronte”. E capite anche voi, lettori, che qui stiamo cercando una narrativa coerente in un’opera fortemente impressionista, volendo trovare giustificazione a quell’intuizione iniziale, che ha una non trascurabile probabilità di essere una corbelleria di quelle con la doppia z.

Questo è il fascino dei dischi bianchi, e ci rendiamo conto che non sia per tutti: queste canzoni non sono qui per impressionare l’ascoltatore, è l’ascoltatore che deve corteggiarle e conquistarle, letteralmente farle proprie e trovare spiegazioni. La sfida non è sempre semplice, anzi non lo è quasi mai, al di fuori dei solchi de “La Sposa Occidentale”, e il duo di autori se ne infischia. Questi dischi esistono proprio per mettere alla prova un pubblico che, ancora dopo più di un decennio, rimaneva abituato, assuefatto, ai testi immediati ed intramontabili di Mogol; esistono senza alcuna certezza di ciò che significano, come i film di David Lynch o i fumetti sperimentali di Moebius. Li teniamo così, meravigliosamente cervellotici, volutamente difficili. Non li vorremmo in nessun altro modo.

- Spartaco Ughi

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