giovedì 6 ottobre 2022

Genesis: "Foxtrot" (1972)

Usciva il 6 ottobre di cinquant'anni fa "Foxtrot", quarto album dei prog rocker britannici Genesis e secondo disco con la formazione storica costituita da Peter Gabriel, Steve Hackett, Phil Collins, Mike Rutherford e Tony Banks. Uno dei seri candidati a capolavoro assoluto del gruppo, sia per la presenza di una delle canzoni più celebri del loro repertorio come "Watcher of the Skies", sia per quella di "Supper's ready", la suite che occupa l'intera seconda facciata e che per molti progger è il culmine della loro discografia.



(disco completo: https://tinyurl.com/5n855brk

Trovata finalmente una stabilità nella propria formazione, i Genesis si dedicano alla scrittura e all'incisione del loro quarto album con una solida base sulla quale procedere. Divenuti gruppo di culto del progressive grazie al terzo album "Nursery Cryme", sono pronti a mietere il frutto delle loro fatiche in quello che sarà il biennio di maggiore fortuna del genere. Entusiasti dopo un tour italiano ad agosto, che li vede ottenere grande partecipazione da parte del pubblico giovanile dei festival e delle nuove tendenze, entrano in studio rigenerati e col nuovo produttore David Hitchcock, armati per la prima volta di un mellotron comprato dai King Crimson.

E il tastierista Tony Banks ne fa subito buon uso per l'introduzione della prima traccia del disco, "Watcher of the Skies", scritta tra le date italiane di Reggio Emilia e Napoli. Capolavoro assoluto che aprirà tutti i concerti del gruppo fino alla partenza di Peter Gabriel, è un brano di progressive classicheggiante e solenne che descrive la Terra come vista da un visitatore alieno dopo una terribile apocalisse (e che potrebbe essere stata ispirata da simili lavori di prog spaziale degli amici Yes). La pensosa parte cantata, condotta dal basso pulsante di Rutherford, è squarciata da lampi di chitarra e batteria che scuotono la pacata maestosità dell'alieno che sorvola il pianeta.

Vi sono poi una serie di brani che riprendono ed espandono le idee di "Nursery Cryme": migliore fra esse è forse la strepitosa "Can-utility and the coastliners"; al di là del gioco di parole del titolo (non troppo chiaro al vostro povero commentatore italiano), la canzone sfrutta uno dei marchi di fabbrica del gruppo, ovvero la struttura caratterizzata da una introduzione cantata, seguita da un arioso sviluppo strumentale e poi concluso ancora una volta dalle parole di Gabriel (questa cornice la troveremo ancora in "Firth of Fifth", "The Cinema Show", e così via). Liricamente siamo sempre tra storia e leggenda, in questo caso l'ispirazione è quella di Canuto il Grande, re medievale d'Inghilterra, adulato smaccatamente dai suoi cortigiani. "Get 'em out by friday" è l'immancabile operetta satirica sulla falsariga di "Harold the Barrel" dal disco precedente (l'idea si riproporrà in "Robbery assault and battery" su "A trick of the tail") - Gabriel, protagonista con le sue interpretazioni e le sue vocine, ironizza sull'avidità delle imprese immobiliari in una fiaba fantascientifica in cui compaiono manipolazioni genetiche e sfratti, appoggiandosi a una musica che sfrutta folk e vaudeville per colorare toni e atmosfere del brano. "Time Table", rispetto a questi brani, appare quasi un momento pop, una fluida composizione di Banks dalla strofa di sapore malinconico graffiata però da un efficace, muscolare ritornello. I due minuti strumentali di "Horizons", ispirati a Bach e alla musica dell'era Tudor, aprono la seconda facciata con una esecuzione di Hackett alla chitarra acustica, prima di lasciare il posto al magnum opus del disco.

A chiudere il cerchio aperto dalle visioni apocalittiche di "Watcher of the Skies" sta infatti "Supper's Ready", viaggio di 23 minuti nell'apocalisse, tema che, come già abbiamo sottolineato, potrebbe essere stato ispirato dalle coeve composizioni degli Yes ("Starship Trooper", "And you and I") o dei compagni di etichetta Van der Graaf Generator ("After the flood", "Lemmings", "A plague of lighthouse keepers"). Sia come sia, per molti si tratta del punto più alto della carriera dei Genesis, osservazione che il vostro prode scribacchino non condivide appieno: i ventitre minuti della composizione gli sembrano infatti un po' troppi, e nel progressive rock avere un senso della misura è essenziale per poter trasformare una bella suite densa di momenti di interesse in un capolavoro da lasciare senza fiato (qualcuno ha detto "Close to the Edge" o "The Gates of Delirium"?).

Ma naturalmente questa è una osservazione assolutamente personale, che non deve in alcun modo togliervi il piacere di pensarla diversamente. Il modo migliore naturalmente è sempre ascoltare e giudicare con le proprie orecchie.

- Prog Fox

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