mercoledì 14 settembre 2022

Lucio Battisti: "E già" (1982)

Usciva quarant'anni fa oggi "E già", quindicesimo album di Lucio Battisti e disco che sancisce la definitiva rottura con Mogol, suo paroliere per più di dieci anni. Il disco è sgraziato, minimalista, elettronico, quanto di più lontano dal Battisti romantico o melodico dell'era Mogol. Il tentativo di scrollarsi di dosso un pubblico generalista nel quale l'artista non si rispecchia più.



(disco completo: https://tinyurl.com/2p9dvevx)

“Fai un passo fuori dal tuo recinto”, recita (più che cantare) Battisti a ridosso del ritornello di “Scrivi il tuo Nome”, apertura di questo “E già”, storico primo album dopo la rumorosa separazione dal paroliere con cui aveva collaborato per più di dieci anni. Fuori dalla comfort zone ci finiranno più i suoi ascoltatori che lui, colpiti in faccia da un disco interamente, sgraziatamente suonato da sintetizzatori e batterie elettroniche, con testi scritti dalla moglie del cantante compositore (almeno ufficialmente, più probabile che l’autore sia Battisti stesso) e melodie programmate in studio dall’eminenza grigia Greg Walsh, a Londra. “E già” è per Battisti ciò che “Metal Machine Music” fu per Lou Reed, un tentativo di scrollarsi di dosso un pubblico generalista nel quale l’artista non si rispecchia più. Pur senza essere un’ora di feedback ininterrotto come il disco cui l’abbiamo paragonato, il quindicesimo album a nome Battisti è un taglio netto con il passato.

Laddove “Una Giornata Uggiosa” era un disco sontuosamente arrangiato, con strati di strumenti, sintetizzatori ricercati, e arrangiamenti di chirurgica precisione, “E già” utilizza pochissimi suoni, tutti sintetici e poco vari, su strutture appena abbozzate. Se i testi di Mogol erano diventati col tempo sempre più eleganti e sofisticati, qui ci sono rime alternate tirate per i capelli, sforzi sovrumani per far stare un’intera frase dentro un verso.

Se questa descrizione vi fa pensare che il disco sia un po’ noioso, bè, non siete molto lontani dalla verità. Ci sono inoltre momenti un po’ imbarazzanti, come l’attacco a “quel tipo intellettuale appariscente, che in fondo in fondo non valeva niente” che è, con ogni probabilità, Mogol stesso (in “Mistero”). Ma c’è anche più di qualcosa di buono: i ritmi dub di “Straniero”, per esempio, ne fanno un pezzo dall’atmosfera affascinante; “La tua felicità” ha alcuni sprazzi del Battisti pop che fu; ma la title track, soprattutto, definisce questo disco e realizza, forse, la visione electro-minimalista: un testo intelligente sulla filosofia della scienza, una melodia semplice ma memorabile e un ritmo inusuale ma catchy. Se proprio non volete ascoltare il disco, 3 minuti per questa canzone spendeteli, potreste rimanerne sorpresi.

Dopo “E già” Battisti si prenderà 4 anni di pausa, per poi tornare con un progetto nuovo, un paroliere che è l’esatto opposto di Mogol, e quasi un decennio di nuove sperimentazioni. La rottura con il passato, però, è già pienamente compiuta a questo punto.

- Spartaco Ughi

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