venerdì 26 agosto 2022

Muse: "Will of the People" (2022)

Giornata ricca di uscite interessanti: esce oggi "Will of the People", nuovo lavoro dei britannici Muse e loro nono album in studio. Come sarà?



(album completo qui: https://tinyurl.com/4p2ew54f)

Avere la passione per una band quando si è adolescenti porta con sé dei rischi, specie se si è dei tipi romantici. Una band può magari avere due o tre anni di grazia, o uno o due due lustri, che sono già un gran lusso si ci pensate. Per ogni Bowie o King Crimson che la sfangano alla grande per 3 4 decenni, o anche soltanto per ogni Depeche Mode arrivati in surplace al quarto di secolo, ci sono migliaia e migliaia di band che a un certo punto, dopo un album o cinque, non ne hanno più. I Muse appartengono alla categoria maggioritaria di quelli che durano un decennio o meno. Per chi scrive, che del trio di Teignmouth è stato un ultras nonché il maggior esperto nella stanza, invariabilmente, questo causa acuta tristezza.

Per la quarta volta di fila, un disco dei Muse non contiene nulla, ma proprio nulla, che sia all’altezza dei loro dischi classici, quelli del “decennio lungo” che va dagli EP del ’97-’98 ai postumi di “The Resistance” a cavallo degli anni ’10. Per la terza volta su quattro, il disco è nel complesso gravemente insufficiente: deludente nel songwriting, che da un lato ricicla idee già usate sia dalla band (“Liberation” è una variazione sul tema di “United States of Eurasia”, “Verona” riprende suoni e tema melodico della b-side “Shine acoustic”) e da altri (il riff della title track è una copia carbone di “The Beautiful People” di Marylin Manson, “Ghosts” si apre con un giro di piano praticamente identico a quello di “In My Heart” di Moby) e dall0altro non riescead evocare più di qualche scintilla davvero memorabile; deludente nei testi, che mai sono stati davvero poetici, ma almeno avevano una vena onesta, genuina, nei momenti belli, vena che è irrimediabilmente persa e ciononostante scimmiottata con risultati sempre più imbarazzanti, ad ogni album che passa. I Muse ci propinano, di nuovo, canzonette di plastica come “Compliance” e “You make me feel like it’s Halloween”, il cui video è ambientato in una casa che dovrebbe essere inquietante come quelle dei promo di “Showbiz” (ricordate “Sunburn”? Andate a rivedere quel videoclip, riascoltate quella canzone, e poi sentitevi ‘sta boiata) e invece è la versione da luna park, buona per un parco a tema. Di nuovo, ci danno roba come “Kill or be Killed”, con l’intenzione di flettere i muscoli hard’n’heavy, con risultati che possono essere commentati solo con un silenzio imbarazzato, rotto solo da qualche colpo di tosse di circostanza.

Se proprio vogliamo essere di manica larga, possiamo dire che perlomeno il singolo di lancio “Won’t Stand Down” è convincente nel suo mescolare generi, e “Euphoria” è un bell’omaggio agli Ultravox di Midge Ure e una bella prova, che avrebbe potuto essere il brano pop di un buon disco, e invece è uno dei rari momenti durante l’ascolto in cui si smette di desiderare di essere ascoltatori di reggaeton. Le battute sul fatto che il brano che chiude l’LP si chiama “We are Fucking Fucked” le lascio a chi ha ancora voglia di scherzare, dopo i 38 miserabili minuti che l’ascolto di “Will ofthe People” richiede. Un disco poco più che sufficiente come “Simulation Theory” pare “Atom Heart Mother”, se paragonato a quest’ultima uscita, a quanto pare realizzata nonostante la casa discografica abbia richiesto, in sua vece, un “Best Of” che Bellamy e soci si sono rifiutati di rilasciare, perchè “un Best Of significa che la band è finita”. Sì, Matthew, l’hai detta giusta: i Muse hanno finito la benzina da dieci, lunghissimi, anni. Difficile credere che tu non te ne sia ancora reso conto; difficile non pensare che questo animatronic che una volta era una band coi controcoglioni venga tenuto in vita solo per questioni, diciamo così, alimentari.

- Spartaco Ughi

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