lunedì 29 agosto 2022

Francesco de Gregori: "Canzoni d'Amore" (1992)

Esce il 28 agosto di trent'anni fa "Canzoni d'Amore", album in studio di Francesco de Gregori, come molti album di quell'epoca influenzato da ciò che stava avvenendo nel paese, dalle stragi di mafia a Tangentopoli. Un disco di luci e ombre che fa da spartiacque fra il periodo classico del cantautore e quello moderno e contemporaneo.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/ymyvetcj)

"Canzoni d'amore" è il disco che compie definitivamente la svolta rock di Francesco de Gregori. Nonostante le forti influenze già emerse negli anni ottanta a partire da "Scacchi e tarocchi" (1985), cresciute con "Terra di Nessuno" (1987) e "Miramare" (1989), questi rimanevano dischi in cui prevaleva la scrittura cantautorile. In "Canzoni d'Amore", complice il clima musicale dei primi anni novanta, vede De Gregori influenzato dai rocker più giovani come Ligabue, Vasco Rossi e Zucchero.

Il suono del disco, la produzione del disco è quello che più di ogni altra cosa è cambiato, non sempre in meglio. Per esempio, "Bellamore" è un piccolo capolavoro che apre l'album sulle note della chitarra classica, ma la tastierina sintetica che lo accompagna è sgradevole e inappropriata. Altre cose sembrano semplicemente incongruenti per De Gregori, come il cambiamento dello stile vocale di De Gregori, che abbandona lo stile sussurrato, pensoso, talvolta ironico ma sempre pacato dei dischi precedenti per cimentarsi con stilemi che non gli appaiono proprio congeniali ("Stella della strada").

L'equilibrio miracoloso che si ritrovava in "Miramare" viene a mancare in tutte le canzoni più semplicisticamente rock come "Sangue su sangue", "Vecchi amici" e "Adelante! Adelante!", canzoni ispirate nella scrittura che però sembrano arrangiate dai Clandestino di Ligabue. Non c'è nulla di male nei Clandestino e in Ligabue, ma il fatto che possiate apprezzare o meno l'album dipende in gran parte da due fattori: se riteniate che i suoni del rock moderno dei primi anni novanta siano invecchiati bene, e se riteniate che essi si addicano al cantautore romano. Chiaramente, a parere di chi scrive, nessuna delle due cose è vera. A che pro avere un bassista come Guido Guglielminetti se non si riesce a sentire una sua sola nota, tanto per fare un esempio?

Il clima anni novanta non premia neppure la scanzonata "Viaggi e miraggi", mentre l'ottima "Chi ruba nei supermercati?", favorita da un tocco di organo hammond e da uno splendido inciso dominato dalle luminose chitarre di Vincenzo Mancuso, rappresenta uno dei vertici del disco. Difficile dire se il brano sia stato scritto per essere più adatto a quel tipo di sonorità, o se la band sia riuscita solo qui a perfezionare le sonorità ricercate lungo il corso di dodici tracce, cosa che al gruppo riesce anche nella notevole "Tutto più chiaro che qui" ('e gli innocenti confondersi e gli assassini ballare, gli innocenti corrompersi e gli assassini brindare'), canzone strepitosa a cui è il cantante De Gregori a non riuscire a rendere merito. Tra l'altro, queste due canzoni, assieme ad "Adelante! Adelante!" e a "la ballata dell'uomo ragno" (che allude esplicitamente a Craxi: 'è solo il capobanda, ma sembra il faraone, si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone'), sono fra i brani che rimandano maggiormente - pur nell'usuale ermetismo dell'autore - al clima del paese, in quel 1992 terribile tra Tangentopoli e stragi di mafia.

Al di là degli aspetti critici, che mai come in questo caso risultano effettivamente molto soggettivi (se vi piace il De Gregori che prova a fare il rocker italiano, questo disco è forse il migliore della sua produzione nel genere), la scrittura del cantautore rimane di alto livello, e solo il fan più sfegatato del De Gregori acustico degli anni settanta può lamentarsene. La particolare, tragica congiuntura tra gli eventi dell'Italia del 1992 e l'ispirazione del cantautore, rendono il disco, nonostante qualche difetto, un ascolto indispensabile per capre il clima di quella fase storica del Bel Paese.

- Prog Fox

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