venerdì 8 maggio 2020

Beatles: "Let it be" (1970)

Oggi è il cinquantesimo anniversario di un evento epocale: la pubblicazione di "Let it be", ultimo album dei The Beatles, uscito l'8 maggio del 1970 dopo che il gruppo aveva già annunciato lo scioglimento.

Rappresentò la loro fine senza appello: non ci sarebbero state reunion, non ci sarebbero stati passi indietro, perché dieci anni e mezzo dopo, l'8 dicembre 1980, John Lennon sarebbe stato assassinato a New York da un esaltato, cristallizzando per sempre la parabola del quartetto di Liverpool e il ruolo di questo ultimo disco.




(l'album completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/y8exnene)
(l'album in versione "naked", remix del 2013 con inediti, si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/y9y42c6u)

“Let It Be” è un paradosso. Un paradosso che ti chiede, ipso titulo, di non essere sciolto, di non essere indagato, ma di lasciar perdere: lascia pure che sia così.

Che album è “Let It Be”? L’ultimo dei Beatles? Si e no: di certo lo è cronologicamente per data di pubblicazione, ma le canzoni sono antecedenti a “Abbey Road” e la Band si era già sciolta da qualche settimana, rendendolo di fatto un album da porre (forse) al di fuori del canone.

Quindi solo una mossa commerciale? Nemmeno, anche se il lavoro di Phil Spector sui brani lo rende per certi versi un apocrifo, un tentativo che ha poco dell’artistico e molto più del gattopardesco. Cioè far finta che i Nostri siano ancora insieme e che suonino ballate come “The One After 909”, composta forse nel 1957, secoli e secoli addietro, riproposta come Ringkomposition di una carriera che sia apre e si chiude con la grinta Rock’n’Roll degli anni amburghesi.

Quindi è disco disarmonico? Assolutamente no, ha una sua chiave di lettura, anche se più passano gli anni e più mi convinco che è un disco quasi esclusivo di Paul, mentre John ha già voltato le spalle da un pezzo. Non si può negare che la colonna portante dell’album siano brani come “Let It Be”, “The Long and Winding Road” e “Get Back”, che da soli valgono il prezzo del biglietto, mentre di John ci dobbiamo “accontentare” di “Across The Universe”, che però divide la critica: noioso o grande pezzo del Nostro? Io l’ho riscoperto in tarda età, da giovane ero solito usargli la scortesia dell’avanti veloce.

Insomma, alla fine il paradosso si ingarbuglia ancora di più, chiudendosi a riccio ad ogni nuova domanda. E’ bello questo “Let It Be” allora? Potrei anche dirvi di si, ma poi vi chiederei di rimando: quale versione? La versione originale forse? Quella incisa con lo strabordante intervento di Spector, quasi a farla sua, questa farfalla dalle ali incollate. Ce lo vedo quel matto di Phil Spector, quinto Beatle artificiale, mentre al mixer cuce e ritaglia brani vecchi di un anno, cercando di tirare fuori un senso, l’orchestrale the end della più grande band del mondo. Trasformare lo scarto in tesoro…

Oppure è da preferire “Let It Be… naked”, versione fortemente voluta da McCartney nel 2003, per riproporre al pubblico le atmosfere originali dello studio di registrazione di quei primi mesi del 69’, una versione pura e senza i barocchismi tanto in voga nei futuri anni 70’ (che furbacchione quel Spector). Ma anche quello di Paul è un artifizio, tra l’altro sempre ascrivibile a comprensibili dinamiche commerciali.

In ogni caso a me piace e ve lo dico in modo diretto, per sciogliere ogni riserva. Anche se oggi, nel periodo della maturità, mi sono reso conto della sua vera natura. Si tratta di un disco abortito, messo insieme a posteriori. L’idea originale (dal titolo di “Get Back”), sarebbe dovuta essere molto diversa e pertanto oggi non possiamo veramente sapere cosa sarebbe stato il penultimo album dei Beatles prima di “Abbey Road”. Quello che è successo con “Let It Be” non è una cosa che accade di rado: metti insieme i brani registrati ma non ancora incisi e ci fai un bel disco da dare in pasto ai fan dopo la dipartita del gruppo. Ma di certo non è solo questo.

Volete sapere come la penso? “Let It Be” è un trucco creato per sopperire ad un vuoto che non si sa come colmare. Gli stessi titoli dell’album sono invocazioni palesi: lascia che sia, torna a casa, due di noi, ho una sensazione, goditelo…

“Let It Be” è una conclusione artificiale fatta per continuare ad ascoltarli: un ultimo disco che non è proprio l’ultimo, ma viene prima di “Abbey Road”. Ovvero, un paradosso.

Se siete veri fan dei Beatles e vi chiedono quale sia il loro ultimo album, potete solo rispondergli: non c’è una vero ultimo album dei Beatles. Perché in fondo, dentro di voi, volete che questa fine non esista.

- Agent Smith

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