sabato 28 luglio 2018

Fear Factory: "Obsolete" (1998)



Terzo album da studio dei Fear Factory, terzo capitolo dell’eterna lotta fra l’uomo e la macchina: vi presentiamo il concept "Obsolete". 



Il 28 luglio 1998, a tre anni di distanza di quel "Demanufacture" che ha segnato una nuova frontiera del metal, il gruppo di Los Angeles capitanato da Dino Cazares e Burton C. Bell pubblica un album nuovo di zecca che sfruttando la carica propulsiva del precedessore ha il compito di proiettare il gruppo fra i migliori new act degli anni 90.

Lo diciamo subito, il livello di eccellenza di "Demanufacture" non viene raggiunto, e viene a mancare anche quell’effetto novità che li ha resi celebri, ma ci andiamo certamente vicino.

Stilisticamente, ritroviamo tutti i marchi di fabbrica tipici del gruppo: ritmiche ossessive, riff granitici, giri di basso massicci, batteria martellante, tonnellate di samples, avvicendamento fra growl e clean vocals filtrate, concept futuristico. Un ibrido di thrash fuso con industrial metal e musica elettronica. La solita macchina da guerra programmata per annichilire timpani e cellule cerebrali dell’ascoltatore armata e pronta a fare fuoco. Tuttavia, "Obsolete" gode di un songwriting più snello e lineare, un sound alleggerito e tempi meno veloci che in passato, le linee vocali sono costruite in maniera più ponderata, con più attenzione verso l’aspetto melodico.

Il disco si apre con "Shock", primo singolo, un vero e proprio macigno, pezzo che abbina la loro consueta furia a una sorta di forma canzone classica dotata di riff e versi immediati e facilmente assimilabili. Il lato maggiormente easy listening viene maggiormente accentuato con "Edgecrusher", composizione dalla sezione ritmica molto più vicina ai Korn che ai Fear Factory che eravamo abituati a conoscere, in possesso di groove della madonna e un refrain irrefrenabile dal tiro decisamente crossover. Il pezzo vede la partecipazione di Dj Zodiac che ne è anche co-autore, il quale si destreggia con campionamenti vari assortiti e scratch, quanto messo in pratica da parte di Incubus, Deftones e Limp Bizkit in fatto di abbinamento fra partiture metalliche e manipolazioni in consolle viene applicato anche dai Fear Factory, primo esperimento da parte di un gruppo prettamente metal.

Edgecrusher è anche il nome del protagonista di questo concept, un ibrido fra cyborg e umano che decide di schierarsi dalla parte di questi ultimi nella lotta contro le macchine, le quali si sono ribellate e puntano a sterminare la razza umana. James Cameron apprezzerebbe.

"Smasher/Devourer", terzo pezzo, è un’altra mazzata pesante come un macigno, un robusto mid tempo fra continui stop & go, nonché nome del villain di turno (dalle sembianze simili all’ED-209 che già rappresentò un dito nel culo per Robocop) che Edgecrusher deve affrontare. "Securitron (Police State 2000)", nome adottato dall’organizzazione di cyborg che ha preso il controllo del sistema, è un’altra canzone che si muove sulle medesime coordinate, con una struttura ritmica più articolata e un ritornello decisamente più affabile.

Arriviamo a "Descent", una breve licenza dalla pesantezza che contraddistingue l’album, quattro minuti e mezzo di melodie spaziali e sognanti, pezzo che mette in risalto il nuovo lato più armonico (e tecnologico) dei Fear Factory (su queste sonorità daranno alla luce un intero album, "Transgression", datato 2005, esperimento non propriamente riuscito). Valido ma meno convincente "Hi-tech Hate", pezzo che non aggiunge niente a quanto sentito finora.

Decisamente meglio "Freedom or Fire", traccia che fonde il tipico riffing groove metal novantiano a ritmiche elettroniche drum & bass abbinati a feed conturbanti e paranoici alla Korn o Coal Chamber. Magari non a tutti andrà a genio questa stravagante sperimentazione, ma si tratta di ibrido ben riuscito e certamente coraggioso.

Giungiamo alla title-track, fratello ideale dell’opener "Shock" con cui condivide pesantezza e brutalità. Con la penultima traccia "Resurrection" andiamo a toccare un altro dei picchi del lavoro, anche stavolta viene allo scoperto il loro lato più squisitamente melodico con una trionfale composizione in crescendo che venne anche designata come secondo singolo estratto.

"Timeless" chiude i giochi, il gruppo posa le armi da guerra, una malinconica (che più malinconica non si può) interpretazione di Burton C. Bell accompagnata dai soli synth di Rhys Fulber (eterno ospite ufficiale ma di fatto membro fondamentale in quanto l’aspetto “tecnologico” del sound dei Fear Factory è opera sua) mette la parola fine al conflitto fra l’uomo guidato dal proprio salvatore Edgecrusher e la Securitron, e visto il mood triste e disperato che il pezzo sprigiona potrete immaginare che non c’è spazio per l’happy ending… l’uomo è obsoleto, cancellato, estinto.

"Obsolete" è “l’altro” grandioso lavoro per cui sono e verranno ricordati a lungo i Fear Factory, una loro ulteriore evoluzione e al contempo una nuova veste per rendersi appetibili a un’audience più ampia.… ma occhio, il passo falso è dietro l’angolo.

- Supergiovane

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