Il 10 febbraio di dieci anni fa viene pubblicato il gargantuesco "The Death Defying Unicorn", concept album di hard progressive moderno ed eclettico, di difficle classificazione, realizzato dai norvegesi Motorpsycho in collaborazione con un gruppo di altri artisti - il tastierista jazz Ståle Storløkken, il violinista Ola Kvernberg, il tastierista rock Kåre Chr. Vestrheim, i fiati della Trondheim Jazz Orchestra e l'ensemble di archi Trondheimsolistene.
(disco completo: https://tinyurl.com/49vdw646)
I Motorpsycho sono, nel bene e nel male, uno dei gruppi più fertili del rock europeo e forse non solo. Guidati per tutta la loro esistenza dal cantante-bassista Bent Saether e dal cantante-chitarrista Hans Magnus Ryan, hanno esplorato tutte le possibili declinazioni dell'hard rock chitarristico basato su feedback, distorsioni e psichedelia acida, dal grunge anni novanta al progressive ipertrofico, power pop hippie e jam rock acido inclusi.
Dopo il capolavoro del 2008 "Little Lucid Moments", primo disco col nuovo batterista Kenneth Kapstad, il rinnovato trio realizza altri due album discreti nell'arco dei due anni successivi. "Child of the Future" e "Heavy Metal Fruit", però, sembrano quasi schizzi preparatori per quello che sarà un lavoro enormemente più ambizioso, anche per il contributo di numerosi altri musicisti, a partire dal tastierista Ståle Storløkken (formazione jazz, membro di Supersilent ed Elephant 9), che compone con loro il nuovo disco, "The Death Defying Unicorn", novanta minuti commissionati dal Molde International Jazz Festival per festeggiare il suo cinquantesimo anniversario.
La trama del disco è quasi un classico ormai della musica progressive: il racconto di un tremendo naufragio, tema già affrontato in capolavori del genere come "Whaling Stories" dei Procol Harum, "A Plague of Lighthouse Keepers" dei Van der Graaf Generator e "Rime of the Ancient Mariner" degli Iron Maiden.
L'album ha le sue più grandi influenze nei suddetti capolavori e nel jazz rock di Jean Luc Ponty ("The Hollow Lands") e del Frank Zappa di fine anni '60 e inizio anni '70, ma ciò che i musicisti rielaborano va dal modernismo jazz di Stan Kenton e Bob Graettinger ("Out of the Woods") al vintage prog, come quello dei loro conterranei Wobbler, dai Black Sabbath di "Master of Reality" ai Led Zeppelin di metà anni settanta (prima il riff portante di "Through the Veil", poi il finale del brano), dai Supertramp (il sax di "La Lethe") ai Pink Floyd di "Atom Heart Mother", a molte altre suggestioni che probabilmente non siamo neanche in grado di individuare, visti il talento e l'eclettismo delle persone coinvolte.
Su tutto ciò troneggiano poi le mastodontiche colonne d'Ercole finali, "Mutiny" e "Into the Mystic", che portano il protagonista e l'ascoltatore fuori dall'abisso di questa ora e mezza di musica torbida e scura come il mare che il gruppo e i suoi colleghi ci hanno fatto attraversare.
Il successo dell'operazione è lampante, e chiunque ami Zappa e i Grateful Dead, il rock progressivo e le jam band anni novanta come i Phish (o gli stessi Motorpsycho giovani), troverà pane per i propri denti, e nella peggiore delle ipotesi frammenti qui e lì che lo convinceranno. Ma potrebbe anche esserne talmente abbagliato da valutare se metterlo al pari dei migliori concept album del rock tutto. Forse questo sarebbe eccessivo, ma nessuno può sminuire il valore di "The Death Defying Unicorn" e il suo posto di primissimo piano fra i lavori dei nostri norvegesi.
- Prog Fox
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