Il 15 gennaio di venti anni fa usciva "Remedy Lane", quarto album in studio dei prog metaller svedesi Pain of Salvation. Si tratta del disco che diede loro la massima visibilità internazionale, rendendoli delle stelle del genere, e per molti del loro assoluto capolavoro. Certamente si tratta del culmine di un decennio di attività, la concretizzazione finale delle aspirazioni metalliche - il tragico concept album sulla tormentata storia d'amore di due ragazzini, sullo sfondo di una Budapest fantastica, resta uno dei momenti definitivi della carriera di Daniel Gildenlöw & soci.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/yfwnvfun
Nel mondo del rock, che a partire dai Beatles ha creato il concetto di gruppi musicali autori ed esecutori delle proprie partiture, la gran parte delle band si divide in due categorie: quelli soggetti a un padre-padrone che esercita un controllo creativo soffocante sulla propria creatura, e quelli in cui i rapporti interni al gruppo sono più complessi, che vedono almeno due figure creative contendersi il dominio oppure vivere in una sorta di forma democratica. Daniel Gildenlöw e la sua creatura, i Pain of Salvation, fanno parte certamente di quella prima tipologia.
Nati al traino del duo creativo costituito dai chitarristi Daniel Gildenlow e Daniel Madgic, i Pain of Salvation persero Madgic nella lotta per il predominio sul complesso durante il lavoro sul secondo disco "One hour by the concrete lake", lasciando il gruppo totalmente nelle mani di Gildenlow a partire dal terzo lavoro "The Perfect Element". Dopo quella prima esperienza al timone della nave, Gildenlöw è pronto a dirigere i propri compagni (il bassista Kristoffer Gildenlöw, fratello di Daniel, il batterista Johan Langell e il tastierista Fredrik Hermansson, presenti fin dal primo album "Entropia" del 1997; e il chitarrista Johan Hallgren, subentrato a Magdic) in quello che vuole essere il punto di arrivo di un decennio di attività - l'ennesimo concept album, naturalmente, intitolato "Remedy Lane".
Il tema del disco è di ardua comprensione, sebbene si possa provare a intuirlo dal libretto che accompagna il cd e dai testi: essenzialmente si tratta dell'ennesima tragedia personale di stampo romantico che colpisce l'alter ego del narcisistico Gildenlöw, coinvolto in una storia d'amore risalente all'infanzia con una bambina e poi donna due anni più grande, il tutto sullo sfondo di una Budapest fantastica.
Musicalmente, l'ampiezza delle influenze, delle ispirazioni e delle estensioni del gruppo non è mai stata così grande: heavy metal classico, prog metal influenzato dai Dream Theater, progressive rock anni '70 in particolare di gruppi quali i Jethro Tull, nu metal contemporaneo, che pongono Gildenlöw fra gli autori più eclettici della sua generazione prog, al fianco di personalità quali Steven Wilson dei Porcupine Tree e il compatriota Mikael Åkerfeldt degli Opeth.
In particolare, Gildenlöw e i Pain of Salvation si dimostrano maestri di composizioni e arrangiamenti alquanto irregolari e proteiformi, con continui cambi di melodie, ritmo e tempo, giustapposti in maniera sorprendente e non di rado conflittuale. È poi questo il motivo centrale della controversia sul loro valore: giudicare se e quanto questi cambi imprevisti siano segno di maturità e genialità e quanto invece appesantiscano il suono della band e confondano le idee più che illuminarle. "Remedy Lane" è l'ultimo dei dischi del gruppo a vivere questa conflittualità, visto che a partire dal successivo "Be" le canzoni saranno molto più coerenti e lineari al loro interno.
L'overture "Of two beginnings" introduce già tutte queste tematiche liriche e musicale, oltre alla straordinaria voce di Gildenlöw, le cui doti canore non vanno certo trascurate come motivo di fascino assoluto del gruppo.
Il disco viene poi diviso in tre capitoli di quattro brani ciascuno, iniziando da "Ending Theme", uno dei due singoli di lancio dell'album, che beneficia di una struttura più penetrabile da parte dell'ascoltatore, con strofa e ritornello riconoscibile e un parlato quasi nu metal nella lunga fase centrale, e un ottimo assolo di Hallgren a concludere. "Fandango" è fra i punti più alti del disco: i tempi dispari e le influenze del brano, sia nell'ostinato di pianoforte della strofa sia nel corale del ritornello sia nel ponte che introduce la sezione finale, danno l'idea di una variante heavy dei Gentle Giant: le drammatiche giustapposizioni del gruppo esplodono a 2'30'' con una inattesa apertura melodica, punteggiata dalla ritmica incredibile di Langell, davvero un grande talento della batteria. "A Trace of Blood" apre con una introduzione degna dei Dream Theater più epici, ma si dilunga poi in melodie che non giustificano forse i suoi oltre otto minuti di lunghezza. "This Heart of Mine" è la ballata romantica del disco.
Il secondo capitolo si apre con la straziante ballata "Undertow", giustamente secondo singolo estratto dal disco. Uno dei momenti più emozionanti di "Remedy Lane", si contrappone nettamente alle atmosfere con cui si concludeva il capitolo e il brano precedente, riprendendone però il ponte tragico in una esplosiva, drammatica sezione centrale. L'ottima "Rope Ends", con un'altra introduzione ritmica sensezionale di Langell, è fra i brani più schizofrenici, che alterna ritmiche irregolari ad alcuni dei ritornelli più melodiosi dell'album ('Over she cries...') e agli assoli di Hallgren e Gildenlöw. "Chain Sling" ha influenze folk, gitane e mediorientali, mutuate probabilmente dai Jethro Tull, anche considerato il canto usato in certe uscite da Gildenlöw e le percussioni di Langell. A concludere il capitolo sta lo splendido strumentale "Dryad of the Woods", in cui emergono nettamente le influenze del progressive lirico di Camel ("The Snow Goose", 1975) e Jethro Tull ("Songs from the Wood", 1977).
Tutt'altra atmosfera permea il successivo strumentale "Remedy Lane", synth rock tastieristico che apre il capitolo finale del disco. "Waking every God" è aperta da un altro incredibile sprazzo melodico, grazie a Hermannson, e vede una prova magistrale di Kristoffer al basso e forse la migliore esibizione sul disco di Daniel come cantante. "Second Love" è un'altra ballata romantica, che nella strofa rievoca i Marillion di "Misplaced Childhood" (1985) e nel solo pinkfloydiano David Gilmour, mentre nel ritornello piacerebbe a Foreigner o Scorpions. "Beyond the Pale", ispirata in particolare ai Jethro Tull di "Budapest" (1987), una chiara influenza musicale tanto sul concept quanto su alcune musiche, rappresenta l'epica conclusione del disco, lunga ben dieci minuti e capace di trasportarci in profondità nella fantasia narrativa di Gildenlöw. Per alcuni una delle migliori canzoni di tutta la vita dei Pain of Salvation, a parere di chi scrive "Beyond the Pale" evita uno dei difetti tipici della formazione, ovvero le alternanze incoerenti di materiale tematico, finendo per cascare in un errore opposto, ovvero una certa ripetitvità dovuta alla prolissità di Gildenlöw.
"Remedy Lane" è il disco che da ai Pain of Salvation la massima visibilità internazionale, rendendoli delle stelle del genere, e per molti del loro assoluto capolavoro. Certamente si tratta del culmine di un decennio di attività, la concretizzazione finale delle aspirazioni metalliche - perché dopo inizierà la fase del complesso maggiormente orientata al progressive rock dalle influenze anni 70: gli album successivi saranno criticati per i troppi suoni vintage, i troppi arrangiamenti orchestrali, perché troppo folk, troppo blues, o troppo nu metal. Comunque la si pensi, questo tragico concept album resta uno dei momenti definitivi della carriera di Daniel Gildenlöw & soci.
- Prog Fox
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