Esce il 16 gennaio di cinquant'anni fa l'album di esordio eponimo dei Blue Oyste Cult, LP fondamentale per tutti gli amanti del rock duro. Eredi musicali degli Steppenwolf e dell'hard americano di prima generazione, i Blue Oyster Cult si dimostrano come i più interessanti epigoni del genere. I riferimenti alla letteratura horror (con tocchi lovecraftiani) introdotti dai loro produttori Pearlman e Meltzer li rendono anche contemporanei inventori dello shock rock con Alice Cooper, sebbene la loro proposta sia indubbiamente molto più intellettuale. Non a caso la proposta musicale della band verrà chiamata 'thinking's man heavy metal'.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/2p8fejrf)
I Soft White Underbelly vengono formati nel 1967 alla Stony Brook University di Long Island dal chitarrista Donald Roeser, dal batterista Albert Bouchard, dal tastierista Allen Lanier, dal cantante Les Braunstein, dal bassista Andrew Winters e dall'amico Sandy Pearlman, giornalista musicale e primo manager del gruppo, che con un altro studente della Stony Brook, Richard Meltzer contribuirà a scrivere testi e canzoni assieme al gruppo.
Nella primavera del 1969, Braunstein lascia il gruppo a favore del cantante e chitarrista Eric Bloom, mentre il gruppo cambia nome prima in Oaxaca, poi in Stalk-Forrest Group. Dopo due album incisi e scartati per la casa discografica Elektra, che pubblica un solo singolo ("What is quicksand?"/"Arthur Comics"), nel 1971 il gruppo assume il nome e la formazione definitiva di Blue Öyster Cult, con Joe Bouchard, fratello di Albert, che sostituisce Andrew Winters al basso. La scelta dell'umlaut, proposta da Lanier e Meltzer, è per dare un aspetto teutonico al nome, e quindi evocare epos wagneriano; con "In Search of Space" degli Hawkind, è il primo esempio di metal umlaut nella musica rock, e diventerà costume popolare nella musica pesante da allora. Il gruppo, molto attento all'aspetto simbolico della propria immagine, sviluppa anche un logo, disegnato da Bill Gawlik, la croce con uncino simbolo di Crono, il Re dei Titani e padre di Zeus, oltre che simbolo alchemico del piombo, il più pesante dei metalli.
Tra la fine del 1971 e l'inizio del 1972, il gruppo, ottenuto un contratto con la Columbia, incide il proprio album d'esordio eponimo, che viene pubblicato il 16 gennaio e che rappresenta un classico dell'hard rock e una pietra angolare dell'heavy metal.
La cosa che colpisce maggiormente in questo disco è che, per quanto epigonico, di fatto il suono creato dai Blue Oyster Cult non ha reali antecedenti: assieme a "Easy Action" e "Killer" degli Alice Cooper, "Blue Oyster Cult" è il primo disco di hard rock originale prodotto sul suolo nordamericano negli anni settanta. Vero che si respirano le influenze dei grandi gruppi di hard rock di fine anni sessanta, dagli Steppenwolf ai Grand Funk Railroad, ma "Blue Oyster Cult" rappresenta un modo di concepire il rock molto più compatto, incalzante e lucido, che a sua volta influenzerà in modo decisivo tutta la successiva ondata di gruppi del genere, da quelli più blues come gli Aerosmith (debitori anche di Stones e Zeppelin) a quelli più AOR/power pop come i Boston.
Questa compattezza è merito della superlativa familiarità e dell'affiatamento fra i cinque membri, a partire dalla sezione ritmica formata dai fratelli Joe Bouchard (basso) e Albert Bouchard (batteria), estremamente flessibili e creativi. Ci sono poi ben tre chitarre, Eric Bloom, Donald Roeser (anche noto con lo pseudonimo di Buck Dharma) e Allen Lanier, che quando necessario si occupa anche di piano e organo. Tutti e cinque i musicisti compongono, assieme o per conto proprio, tutti i brani del gruppo per un lungo decennio, e con l'eccezione di Lanier ognuno di loro canterà più e più canzoni da voce solista, sebbene la parte del leone la facciano Bloom e Roeser, che diverranno le facce del complesso oltre che gli unici a comparire in ogni disco e ogni incarnazione della band.
Un'altra delle motivazioni che rende il disco superiore e innovativo è dovuta a due aspetti più culturali. Il primo è la vicinanza dei Blue Oyster Cult al mondo dell'underground newyorkese e alla controcultura (tra gli amici del gruppo c'è la poetessa Patti Smith, che proprio grazie ad Allen Lanier si avvicinerà al rock e alla composizione), che permette loro di assorbire le influenze di personaggi come Lou Reed e Jim Morrison, rimasti un po' ai margini degli interessi dell'hard rock, tanto di quello americano loro precedente quanto dei gruppi di Oltreoceano come Deep Purple, Led Zeppelin e Black Sabbath. Il secondo è la presenza dei loro manager e produttori Sandy Pearlman e Richard Meltzer, entrambi critici musicali, giornalisti e scrittori che garantiscono le inusuali tematiche che adornano e complementano le liriche del gruppo. In particolare, Pearlman sfrutta per i testi un suo pallino, ovvero l'amore per HP Lovecraft, in omaggio al quale ha scritto un esteso corpus di narrativa e poesia chiamato 'The Soft Doctrines of Imaginos', che parla di interferenze cosmiche nella storia dell'uomo, e che farà capolino lungo tutta la carriera dei Blue Oyster Cult e dei suoi membri.
Anche per tutti questi motivi, l'album è decisamente superiore alla somma delle sue parti, ovvero delle sue canzoni, alcune delle quali risultano comunque di livello superbo.
"Transmaniacon MC" apre la carriera del gruppo con un brano denso di sarcasmo: si ironizza infatti sulla tragedia al festival rock di Altamont del 6 dicebre 1969 che in un certo senso chiuse l'era hippie e gli anni sessanta con un tragico omicidio di uno spettatore esagitato, perpetrato, dopo una giornata di incidenti nel pubblico, dai motociclisti (l'MC del titolo) degli Hell's Angels, assunti per errore da parte dei Rolling Stones come servizio di sicurezza per l'occasione. La canzone di apertura e la successiva "I'm on the lamb but I ain't no sheep" fissano di fatto lo stile implacabile del gruppo, tra ritmica sferzante, chitarre torrenziali e sezioni che si susseguono l'una all'altra senza dare fiato all'ascoltatore. Più avanti nel disco, "Stairway to the Stars" seguirà uno schema simile, anche se in modo meno fantasioso.
Sempre sul lato A, "Then came the last days of May" è un dolente blues rock cantato da Buck Dharma che racconta un acquisto di droga andato male al termine del quale morirono due studenti della Stony Brooke, uno dei quali egli conosceva di vista. Lo conclude "Before the kiss, a redcap", che ospita una parte centrale fenomenale, un inaudito hard jazz da far cadere la mandibola con Bloom, Lanier e Roeser che si scambiano riff di grandissimo gusto, prima di ripetersi nell'eccezionale crescendo finale.
Sul lato B, "Screams" e "She's as beautiful as a foot", con le sue influenze mediorientali filtrate quasi dai Doors, mettono in mostra anche certe credenziali psichedeliche della formazione, risalenti ai loro inizi alla fine degli anni sessanta. L'eccezionale "Cities on flame with rock and roll", dal titolo e dal ritornello indimenticabili, scritta e cantata dal batterista Albert Bouchard, è un minaccioso tempo medio che ruba il riff al primo album dei Black Sabbath e la parte dell'assolo ai tappeti di organo e chitarra dei Deep Purple. La sottile, inquietante "Workshop of the Telescopes" introduce per la prima volta il tema lovecraftiano delle opere di Pearlman, e ospita due interessanti assoli lungo scale inusuali di Roeser. "Redeemed", la cosa più vicina a una ballata che ci sia, vede il gruppo sconfinare con successo quasi nel country, anche grazie a un brillante uso delle chitarre acustiche, con un flatpicking da manuale.
Il disco non otterrà alcun successo significativo, sebbene venga notato da un critico, un certo Lester Bangs... Verrà però rivalutato a seguito degli ottimi risultati di vendita del secondo album, "Tyranny and Mutation". "Blue Oyster Cult" è l'album che apre con il botto la carriera di una delle formazioni più longeve e importanti dell'hard rock classico, che rimarrà sulla cresta dell'onda, confermando le doti messe in mostra qui, almeno per un decennio.
- Prog Fox
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