domenica 23 gennaio 2022

Melvins: "Lysol" (1992)

Usciva trent'anni fa il terrificante "Lysol", capolavoro assoluto degli americani Melvins (anche noto come "Lice-All" e "Melvins" per una disputa con l'omonima compagnia di detergenti). Vero e proprio mostro di distorsione intollerabilmente dilatata, il cd - 31 minuti di una unica traccia ininterrotta, che comprende anche cover destrutturate e irriconoscibili di Flipper e Alice Cooper - è considerata una delle pietre miliari dello sludge e del drone metal.



(cd in traccia unica: SnU5QYqOn0)

Quando si parla di dischi fondativi di un genere, di solito i casi sono due: o si tratta di un disco che emerge da una nube di precursori come chiaro manifesto di una novità (il disco d'esordio dei Led Zeppelin e "In the court of the crimson king" appaiono due esempi paradigmatici), oppure si ha una piccola schiera di asteroidi impazziti che hanno portato la novità con un assalto incoordinato da diversi angoli di attacco.

A questa seconda casistica appartengono i dischi che hanno generato quel percorso musicale dai molti nomi e dalle infinite declinazioni minimaliste, spesso ridicolmente dettagliate, che qualcuno chiama sludge, qualcuno sludge doom, drone doom, drone metal, e chissà quanti altri nomi o sottogeneri ancora, riconoscibile principalmente dalla infinita dilatazione della distorsione delle chitarre, accordi lentissimi su un tappeto di batteria altrettanto lento, per dare alla musica una apparenza informe, come di un magma che scorre inesorabile, pianissimo, lungo i bordi devastati di un vulcano preistorico. Con i Melvins, gruppi quali Earth, Sleep, e altri ancora sono stati i protagonisti fra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta della nascita di questo movimento.

"Lysol", nome poi cancellato e riproposto in copertina a seconda delle ristampe in vari formati a causa di una disputa con l'omonima compagnia di detergenti, è uno dei massimi momenti dello sludge e uno dei dischi più importanti della lunghissima carriera dei Melvins - essenzialmente il duo formato dal chitarrista e cantante 'King' Buzz Osborne e dal batterista Dale Crover (insieme dal ) e completato da chiunque li accompagni in disco o in tour nella loro quarantennale peregrinazione per l'America. In "Lysol" il terzo vertice del triangolo è il bassista Joe Preston, che rimpiazza temporaneamente Lori Black ma viene fatto fuori subito dopo le incisioni del disco, apparentemente perché chiedeva più spazio nel gruppo (cosa presa in giro dagli altri due che fanno stampare il suo nome più in grande nelle note di copertina).

Sebbene concepito come un'unica traccia su cd della durata di 31 minuti, "Lysol" è diviso in brani: il fulcro centrale del disco è rappresentato dal mostro di apertura formato da "Hung Bunny" e "Roman Dog Bird", che si susseguono senza soluzione di continuità per 18 minuti e, in realtà, senza che si colga mai una separazione fra di esse. Orrore cosmico che sembra avvicinarsi a HP Lovecraft, Cthulhu, Nyarlathotep e Azathot da una direzione completamente opposta rispetto a quella di gruppi di RIO semiacustico come gli Univers Zero e gli Shub-Niggurath, ovvero partendo dalla lezione musicale dei Black Sabbath rallentata a dismisura, questa è musica che ottiene lo stesso effetto di terrore e straniamento, di oppressione aliena e di un universo alieno, ostile e desolato.

Le successive tre tracce, anch'esse unite fra loro in un'unica poltiglia di oltre dieci minuti, sono cover, orrendamente distorte al punto da divenire irriconoscibili: "Sacrifice" dei punk americani Flipper, "Second Coming" e "The Ballad of Dwight Fry" degli Alice Cooper c'entrano ben poco con gli originali, ne sono una versione amorfa tanto quanto gli ibridi alieni generati dalla Cosa nel film omonimo di John Carpenter. Sorprendente soprattutto quanto i riff originali delle ultime due sappiano risultare commoventi e strazianti anche filtrati dal trattamento Melvins, il che testimonia sia del valore delle opere di Alice & soci sia della capacità di fare propria la musica di Crover e Osborne.

A concludere il disco c'è poi l'ennesimo capolavoro nel capolavoro, la breve e ultradistorta "With Teeth", che è capace di unire le influenze di Alice Cooper e Black Sabbath, impastarle nell'amalgama sludge del trio e servirla in una strofa che appare quasi melodica rispetto al caos strisciante della mezz'ora precedente.

Vera pietra miliare dell'era grunge, realizzata da un gruppo di culto ingiustamente (ma comprensibilmente) snobbato dalle grandi masse, è una delle più belle opere di culto che possiate riscoprire in quegli anni. Influente, immenso, imprescindibile.

- Prog Fox

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