giovedì 27 gennaio 2022

Lana Del Rey: "Born to Die" (2012)

Esce il 27 gennaio del 2012 "Born to Die", album della cantante americana Lana Del Rey, un disco che ha segnato gli anni dieci, uno dei più grandi successi del decennio (più di 400 settimane nella top 200 US, primo posto in classifica in Francia, Germania, Regno Unito e Australia), oltre 7 milioni di copie vendute. Con i suoi riferimenti alla cultura pop americana degli anni cinquanta e sessanta, orchestrazione da film di Hollywood ed elementi trip hop moderni, contribuì a completare la transizione definitiva dell'indie a fenomeno commerciale a cavallo dei due decenni scorsi. È probabilmente, a tutt'oggi, anche uno degli ultimi grandi successi di primissimo piano nella musica mondiale.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/47hnw8j6)

Inutile negare che all'inizio si era pensato ad un tradimento, ad un abbaglio.
"Videogames", il primo singolo estratto dal primo disco di lady Lizzie Grant (Lana Del Rey), aveva intortato gli animi indie e suggerito la scoperta di una nuova musa rock, malinconica e fascinosa. Una Hope Sandoval rediviva, una PJ Harvey presa dal suo lato più glamour e raffinato, una ritrovata sorella di Fiona Apple.
Poi però l'ascolto di "Born To Die" e la maggiore conoscenza del personaggio Lana aveva fatto fare un passo indietro. Il quadro andava visto da più lontano per capire meglio a cosa ci si trovava di fronte e aggiustare il tiro e la comprensone del fenomeno.

Perchè di fenomeno si trattava e alla seconda strofa del brano di apertura del disco (title track) si manifesta qualcosa: al cuore si mira ma l'impatto avviene con una traiettoria diversa da quella immaginata.
"Don't make me sad, don't make me cry": il verso viene declamato con una voce da crooner bianco e siamo ancora dalle parti della malinconia fifty di "Videogames" ma la produzione e la cifra stilistica ci allontanano dall'indie puro e sdrucito.
Il panorama è quello di Hollywood, di LA Confidantial, di infiniti pomeriggi a bordo piscina nei sobborghi californiani tra cocktail e pistole: maledetti e marci come i gangster in giacca, ma patinati e candidi come i capelli di Lana Tuner.
"Off the races" ci riporta al qui e all'adesso e anche il tono di Lana cambia, con un cantato quasi squittisce nel civettare con un contesto virato all'hip hop.
"Blue Jeans" è ancora meravigliosa torch song, bruciante e disillusa, perduta. Di "Videogames" si è già detto o quanto meno suggerito: è la testa d'ariete, il singolo perfetto. Lady Grant è algida, distante, quasi non presente alla malinconia stessa della canzone. "It is you, it you": il climax è quasi sottaciuto, il testo quasi appoggiato come un maglione di poco conto gettato per terra. E l'effetto è disperatamente splendido ed ammaliante.

"Diet Mountain View" forse mostra la corda nel suo ammiccare sfacciatamente alle mode musicali del momento, ma è altrettanto sfacciatamente divertente immaginarsi Lana nei panni di una vivace pin-up /cheerleader.
"National Anthem" è invece uno dei punti 'so-what' del disco: non completamente riuscita, anche se qualche intuizione a dire il vero colpisce, almeno come guilty pleasure.
"Dark Paradise" e "Radio" sono invece momenti più centrati, "Carmen" ha un inizio quasi da murder ballad per poi sviluppare uno dei racconti più centrati ed affascinanti del disco. Ci si chiede invece se sia la già citata Fiona Apple a cantare e ad inventarsi il miracolo di "Million Dollar Man", che è forse il vero capolavoro interpretativo ed il centro emotivo del disco.
"Summertime Sadness" è l'altro singolo di gran successo, ma forse pecca di eccessivo manierismo e nel volere puntare fin troppo esplicitamente la bussola nei territori delle heavy rotation e del pop di consumo (troppo) facile.
Il disco si conclude con un altro episodio decisamente riuscito e cucito alla grande su Lana ("This Is What Makes Us Girls"): tra le tracce aggiunte poi nella edizione extended spicca poi per interpretazione e qualità complessiva "Lolita".

Quindi, per tornare all'inizio: tradimento?
No, la realtà è che "Born to Die" è un bellissimo disco, verrebbe quasi da dire 'meta-disco': un disco su come interpretare un immaginario, una situazione, un personaggio, un ricordo.
Forse noi abbiamo pensato che, in certi momenti, la camicia bianca che Lizzie mostra nella copertina del disco potesse quasi macchiarsi di sangue.
In realtà, a ben vedere, si macchia eccome: solo che è rossetto, ma per noi alla fine va benissimo lo stesso.

- il Compagno Folagra

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