sabato 1 gennaio 2022

Al Stewart: "Orange" (1972)

Usciva il 1° gennaio di cinquant'anni fa "Orange", quarto album del cantautore scozzese Al Stewart. Buon disco di transizione, vede Stewart 'provare' diversi musicisti di valore, fra i quali vanno segnalati almeno Tim Renwick (chitarra, futuro associato dei Pink Floyd e da qui spalla importante di Stewart), Bruce Thomas (basso, futuro Attraction con Elvis Costello), John Wilson (batteria, associato di David Gilmour), Rick Wakeman Music (piano, tastiere, membro degli Yes).



(disco completo: https://tinyurl.com/59p443ms)

Caratterizzato da una copertina orribile, esce nel gennaio del 1972 il quinto album di Al Stewart. Il cantautore scozzese, ammiratore di Bob Dylan ed esponente del gentile folk rock britannico che sta esprimendo talenti come Cat Stevens, imprime una svolta al proprio suono rinunciando a farsi accompagnare da membri del folk revival e del progressive folk come nei dischi precedenti (spesso frequentati dagli ottimi membri dei Fairport Convention, per esempio), e scegliendo musicisti altrettanto competenti ma diversamente orientati: Tim Renwick alla chitarra, che diverrà uno dei suoi principali collaboratori; il bassista rock Bruce Thomas; i batteristi Roger Pope (Elton John) e John Wilson (David Gilmour, Syd Barrett, Cochise); il tastierista Rick Wakeman (Strawbs, Yes) e diversi altri.

Il risultato è un classico disco di transizione, tra la prima fase più introspettiva e derivativa del cantautore e la fase di maggior successo di Stewart, che inizierà con "Past Present and Future" nel 1973.

Il disco è diviso fra vari tipi di sonorità: ci sono i brani meno riusciti e meno intraprendenti, più legati al suo suono passato: la confessionale "Amsterdam" e la cover di "I don't believe you" di Dylan; i brani migliori, che prefigurano il suono dei suoi album futuri, "Songs out of clay" (forse il punto più alto del disco) e la complessa "Night of the 4th of May", caratterizzata da diversi segmenti musicali; e le vie di mezzo, un po' 'vorrei ma non posso' e un po' intriganti, come "You don't even know me" (con uno spettacolare arrangiamento di basso), "The News from Spain" (con un superbo Wakeman al piano) e "I'm falling". Completa l'album un bizzarro esperimento per chitarre accelerate e quartetto d'archi, "Once an orange, always an orange".

Disco ben arrangiato e ben suonato, e non poteva essere diversamente vista la qualità dei musicisti, "Orange" è, come detto, un album in equilibrio fra passato e futuro del cantautore scozzese: può essere il punto di partenza consigliato per iniziare ad ascoltarlo, oppure l'ultimo dei dischi da procurarsi dopo avere esaurito quelli classici, per decidere se si vogliono recuperare anche i primissimi (e più acerbi) lavori del nostro. Nonostante la copertina.

- Prog Fox

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