sabato 6 novembre 2021

Cars: "Shake it up" (1981)

Veniva pubblicato quarant'anni fa oggi "Shake it up", quarto album in studio dei Cars, esponenti di spicco dell'era punk/new wave americana con il loro power pop obliquo ed essenziale. Prodotto da Roy Thomas Baker, la title track fu il loro primo singolo a raggiungere la top ten USA.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/6devcrt4)

"Panorama", il terzo album dei Cars (1980) non era piaciuto gran che. Non era un brutto disco, anzi, era molto interessante e riuscito, nonostante il moderato tentativo di rinnovare il suono del quintetto americano con riferimenti più evidenti alla new wave e a un suono sintetico. Per "Shake it up", i Cars decidono così di fare un passo indietro e uno di lato, realizzando forse il loro disco più levigato e pop, invece di ritornare banalmente al rock'n'roll dei primi due album.

Non che il rock'n'roll manchi, anzi: i due singoli con cui si apre l'album, "Since you're gone" e "Shake it up", sono due classici del power pop, col secondo divenuto un immancabile successo radiofonico. Qui si ritorna alle atmosfere degli esordi, mostrando la volontà del gruppo di rientrare nei ranghi dopo qualche eccesso sperimentale su "Panorama", e i pezzi sono assolutamente tra i migliori dell'album.

Il ben più digeribile synth pop prende così il posto degli spigoli new wave in "I'm not the one" e nella drum machine di "A dream away", mentre il rock anni cinquanta in salsa moderna di cui i Cars sono maestri emerge in "Think it over" e in "Victim of Love", caratterizzata da un delizioso e fin troppo breve assolo del sensazionale chitarrista Elliot Easton, purtroppo messo un po' in secondo piano in questo disco rispetto a quelli precedenti. Altri brani sono all'intersezione fra le due modalità, caratterizzandosi come pezzi rock'n'roll ammodernati in particolare attraverso interventi centrali (ma mai invadenti) di sintetizzatori dal suono decisamente anni '80 ("Cruiser"; "This could be love", vetrina di lusso per il tastierista Greg Hawkes).

Il talento di Easton, che in questo disco, fedele alla direzione più appetibile scelta per l'album, si limita come detto molto rispetto alle uscite precedenti, riesce ad impreziosire con degli incisi fantastici la conclusiva "Maybe Baby", che conclude il disco con un altro dei brani più riusciti, anche grazie alle complesse figure ritmiche di Robinson.

In buona sostanza, "Shake it up" è l'ennesimo disco riuscito di una formazione che fa parte della corte di artisti dell'aurea mediocritas oraziana che hanno reso il rock un genere fertile e creativo lungo tutto l'arco del secondo dopoguerra. "Shake it up" non cambierà la vostra vita e non rappresenta un punto focale o un picco particolare nella carriera dei Cars, ma il prosieguo di un viaggio privo di scossoni lungo un paesaggio entusiasmante.

- Prog Fox

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