Usciva cinquant'anni fa oggi "...and other short stories", terzo album in studio degli inglesi Barclay James Harvest, esponenti di un garbato prog rock melanconico ispirato dai Moody Blues. L'album è uno dei migliori della loro carriera e li vede accompagnati da una orchestra diretta da Martyn Ford, all'ultimo anno di conservatorio alla Royal Academy e prodotti dal bassista dei Pretty Things Wally Allen.
(disco completo: https://tinyurl.com/595kdpy)
Terzo album dei Barclay James Harvest, "...and other short stories" prosegue la crescita del gruppo nel panorama del rock progressivo del periodo.
I BJH sono un gruppo quintessenziale del progressive britannico: il nome è quintessenzialmente progressive, al punto che l'etichetta della EMI dedicata al prog prende da loro il nome di Harvest; sono musicisti competenti e fantasiosi ma non virtuosi né geniali; la musica del disco non è sperimentale o di difficile ascolto, assestandosi su una evoluzione del rock psichedelico e del beat di fine anni sessanta secondo le coordinate familiari innovate dai Moody Blues.
I Barclay James Harvest (John Lees, voce & chitarra; Stuart 'Wooly' Wolstenholme, voce & tastiere; Les Holroyd, voce & basso; Mel Pritchard, batteria) sono quindi un gruppo mediocre, nel senso oraziano dell'aurea mediocritas, autori di tante belle canzoni e di buoni dischi, che mai però hanno partorito un capolavoro assoluto o un'opera di rottura. Tutte cose che non devono impedire agli amanti del rock melodico, delle atmosfere da 'quiet desperation' dei Pink Floyd e del lirismo dei Camel, di apprezzare la loro produzione.
"...and other short stories" vede il quartetto crescere ulteriormente come autori ed esecutori, coadiuvati come sempre nei primi dischi da una orchestra, condotta e arrangiata da Martyn Ford, studente dell'ultimo anno della Royal Academy of Music che già aveva suonato nei due album precedenti e che si sentiva esaltato dalla possibilità di lavorare con gruppi rock come i suoi idoli Beatles.
"Medicine Man", fra i singoli di maggior successo del gruppo, ispirata a "Something wicked this way comes" di Ray Bradbury, apre il disco con un classico di rock sinfonico con l'orchestra in primissimo piano e la voce solenne di Lees a narrare un brano caratterizzato da un peculiare arrangiamento della batteria, piuttosto inusuale nella scelta dei suoni per un brano pop.
Tra gli altri pezzi, spiccano quantomeno "Someone there you know" (a firma di tutti e quattro i membri), la scanzonata, brillante "Harry's Song", in cui si mette in mostra l'abile, fantasiosa batteria di Pritchard e la capacità del gruppo ai cori, lo strepitoso crescendo di "Blue John's Blues", che si apre come malinconica ballata pianistica e si trasforma in un hard rock sui tempi medi interpretato rabbiosamente da Lees.
Completa il disco la lunga sequenza "The Poet"/"After the Day", che sebbene divisa in due tracce rappresenta un'unica mini suite di dieci minuti nella quale il rapporto fra gruppo e collaboratori da il massimo: il produttore Wally Allen (noto bassista dei Pretty Things) esprime la sua rabbiosa seconda voce nell'apocalittica "After the Day" (uno dei numerosi testi di Lees sulla fine del mondo - 'there was nothing left to see - there was nothing left at all after the day'), l'arrangiatore Martyn Ford e la suonatrice di corno Toni Cooke scrivono la partitura orchestrale che collega "The Poet" e "After the Day", Lees illumina la scena con il graffiante suono della sua sei corde.
"...and other short stories" non entrerà nella classifica dei 500 migliori album di Rolling Stone e probabilmente nemmeno in quella dei migliori 10 dischi di rock progressivo inglese, ma per chi conosce già tutti i gruppi storici e sta cercando un album fresco da mettere sul giradischi, questa è una ottima opzione. Se poi amate Camel, Moody Blues e Pink Floyd, e vi piace il prog con un tocco di orchestra, cosa state aspettando?
- Prog Fox
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