Esce il 4 ottobre del 1991 "Streets", sottotitolato "A Rock Opera", concept album degli americani Savatage, qui giunti al culmine della loro carriera con uno dei capolavori dell'heavy metal degli anni novanta. Un disco di heavy metal abbastanza tradizionale, pur se infuso di dosi di prog e hard rock, che unite alla storia del cantante maledetto D. T. Jesus, gli conferiscono un'aria visionaria ed epica.
(disco con due tracce extra: https://tinyurl.com/233ynkk4)
Nel 1989 i Savatage pubblicano "Gutter Ballet", album ispirato in parte a un'opera teatrale scritta nel 1979 dal loro collaboratore storico Paul O'Neill. Il disco, uno dei migliori della carriera del gruppo, voleva essere un concept dedicato all'intera storia, ma poi l'idea era stata accantonata, sebbene il disco venisse pubblicato comunque con quel nome.
Un paio d'anni dopo, Jon Oliva (voce, tastiere), suo fratello Criss Oliva (chitarre), Johnny Lee Middleton (basso) e Steve Wacholz (batteria) si sentono pronti per il passo del concept album e decidono di realizzare ex novo l'idea originale - senza il secondo chitarrista Chris Caffery, che lascia il gruppo amichevolmente (si riunirà ai vecchi compagni solo nel 1995, dopo la sfortunata morte di Criss). La storia di O'Neill racconta di D.T. Jesus (Down Town Jesus o De Tox Jesus), un cantante rock caduto in disgrazia che sbarca il lunario spacciando droga, ma ottiene una seconda occasione prima di fallire ancora.
I Savatage lavorano a una cinquantina di canzoni e valutano la possibilità di pubblicare un album doppio, prima di decidere di ridurre le canzoni a sedici (per oltre un'ora di durata, nella versione in CD). Il gruppo segue come idea generale l'impostazione della rock opera o del concept album che fu di "Tommy" degli Who e di "The Wall" dei Pink Floyd: non ci sono brani lunghissimi e la loro complessità è sempre funzionale al disco, la cui fruibilità non è mai sacrificata al gusto dell'eccesso.
Un coro di bambini, arrangiato dal collaboratore in studio Robert Kinkel, anche tastierista aggiunto, introduce "Streets", il cupo lento che apre il disco e gli da il titolo. Criss si mette già in mostra come il musicista dominante del disco, con la sua chitarra elettrica multiforme, efficace e precisa. La sezione ritmica di Middleton e Wacholz si mostra potente ed efficace, caratterizzata da un taglio robusto e poderoso che fornirà una matrice hard rock classico alla gran parte dei brani. La successiva "Jesus Saves" vede Jon Oliva protagonista di una grande prova vocale, oltre che dell'uso di tastiere di sapore mediorientale che ne fanno uno dei brani più prog metal del disco.
L'impostazione dell'album vede una divisione imperfetta fra ballate (la commovente "A Little Too Far" per piano e voce) e rocker ("Strange Reality", un tempo medio dallo splendido inciso melodico; l'indiavolata "Sammy and Tex"), ma molte delle prime beneficiano sia dell'aggressività nella voce di Jon Oliva che del suono massiccio delle ritmiche ("Tonight he grins again"; "St. Patrick's"). Brani come "Can you hear me now" vanno al di là di questo dualismo, trasformando la ballata in una devastante cavalcata guidata dalla chitarra incendiaria di Criss.
"Ghost in the Ruins" è fra le composizioni più complesse e riuscite, promossa da una parte strumentale pazzesca con un giro di basso memorabile di Middleton, sul quale Criss Oliva tesse uno degli assoli più belli e virtuosistici dell'album prima di lasciare a Jon il compito di condurre la canzone alla conclusione con un falsetto rabbioso. Subito dopo l'altalena emotiva continua con "If you go away", altra ballata pianistica, estremamente dolorosa e alrettanto di alto livello.
Dopo uno dei brani più heavy del disco, "Agony and Ecstasy", l'album si conclude in tono elegiaco prima con la delicata "Heal my soul" per piano e voce, poi con il crescendo melodrammatico della spettacolare "Somewhere in Time" e infine, per chiudere un disco così magistrale con l'ennesimo capolavoro, con la ballata "Believe", un vero e proprio inno che va al di là della divisione fra laico e religioso, musicalmente basata su due semplici melodie (Do-Sol-Sib-Fa-Do-Sol-Fa nella strofa, Do-Sol-Lam-Fa-Sol-Do nel ritornello, passando quindi con eleganza dalla tonalità di Fa maggiore a quella di Do maggiore). Prova da culmine di carriera in particolare per Jon Oliva, che da fondo alla sua potenza vocale ed espressiva e conclude in modo perfetto un disco bellissimo.
Opera magistrale di heavy metal dal suono classico, che non si rifugia negli eccessi del nascente progressive metal né si esprime nel linguaggio codificato del power o nella brutalità del death o negli abusati stilemi del glam/hair, "Streets" è un'opera quasi unica nel panorama della musica hard dei primi anni novanta, e un esempio di musica quasi fuori dal tempo, che non ha perso nulla del suo fascino tanto melodico quanto solidamente rock.
- Prog Fox
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