Usciva il 31 ottobre del 1971 "Meddle", uno dei grandi capolavori dei Pink Floyd e del progressive rock tutto. Uno dei migliori album del gruppo e del genere, contiene composizioni entrate nella leggenda come "One of these days" e la strepitosa suite "Echoes", che occupa l'intero secondo lato del disco. Un passaggio fondamentale nello sviluppo delle sonorità del rock moderno.
(disco completo: https://tinyurl.com/at46fpy2
Dopo essere stati gli alfieri dell'interpretazione britannica della psichedelia inventata dagli americani, grazie al diamante pazzo Syd Barrett, leader dei primi anni del complesso, i Pink Floyd ne esplorarono quasi immediatamente le possibili connessioni con il nascente rock progressivo, in brani come "Interstellar Overdrive" (capolavoro hard prog psichedelico del primo album "The Piper at the Gates of Dawn", 1967) e "A Saucerful of Secrets" (avanguardia sperimentale del rock e finale che preconizza il prog romantico e maestoso dei settanta, sull'omonimo disco del 1968). Un paio di dischi di transizione come la colonna sonora "More" (1968) e il doppio schizofrenico "Ummagumma" (1969) smussano gli angoli del complesso, ancora legato alle divagazioni space rock che lo assimilano ai corrieri cosmici tedeschi ma prono a soluzioni che ancora non avevano un nome ma che avrebbero definito un certo tipo di canzone e sonorità progressive dopo il tardivo, pazzesco successo di "The Dark Side of the Moon" (1973).
Il percorso che collega "Ummagumma" a "The Dark Side of the Moon" è però forse il più ricco e interessante di tutto il complesso, sublimato dalla coppia di LP "Atom Heart Mother" (1970) e "Meddle" (1971), mentre la seconda colonna sonora "Obscured by Clouds" non ne è che una appendice. Con "Atom Heart Mother", i Pink Floyd danno l'ultimo addio alla psichedelia e allo space rock, in un viaggio che dalle profondità dell'universo atomico del lato A del disco riportano il gruppo nella cornice pastorale di brani come "If" e "Alan's Psychedelic Breakfast", di fatto colazione a base di progressive melodico limpido e assolutamente non acido dopo un risveglio in campagna all'alba di un giorno di sole.
"Meddle", il racconto della cui creazione è entrato nella storia del rock, è un altro capolavoro, forse un filo inferiore perché la componente psichedelica viene completamente dismessa in favore di un suono semiacustico che domina gran parte del disco. Fa eccezione il brano di apertura, il devastante hard rock strumentale di avanguardia di "One of these days", realizzato elaborando artificalmente linee di basso suonate da Waters e Gilmour, che incastona uno dei suoi assoli di chitarra più allucinati per rendere immortale la canzone.
Il suono del vento che l'aveva aperta ritorna per chiudere la porta sulle asperità musicali e aprirci a una atmosfera totalmente diversa. Se "Atom Heart Mother" vedeva come protagonisti gli elementi Fuoco e Terra, "Meddle" è il disco dell'Aria e dell'Acqua - da qui le chitarre acustiche, il pianoforte, le armonie vocali che prediligono tonalità pacate, gli arrangiamenti rilassati, l'understatement britannico che farà impazzire il Waters di "Time" su "The Dark Side of the Moon" un paio di anni dopo. Tutti questi elementi vengono presentati dal manifesto del disco, la meraviglia assoluta "A pillow of winds".
"Fearless", "San Tropez" e "Seamus" completano il lato A con una sorridente, garbata ironia che sorprende in un disco di rock; sorprende ancora di più in un disco di progressive rock, genere quantomai serioso; e sorprende vieppiù in un disco dei Pink Floyd, noti più per la malinconia, la quieta disperazione e la cupezza. L'inoffensiva "Seamus", un blues di un paio di minuti nel quale il gruppo è accompagnato dall'omonimo cane dell'amico Steve Marriott (Small Faces, Humble Pie), viene universalmente considerata una delle peggiori canzoni dei Floyd; ma la simpatica "San Tropez" di Waters, un jazz pop in cui spiccano il piano di Wright e la ritmica di Mason, e la sinusoidale, sonnecchiante "Fearless", caratterizzata da una calma solenne e quasi olimpica, sono canzoni di spessore notevole.
"Echoes", la suite che occupa l'intera seconda facciata dell'album, è inevitabilmente il momento più elevato di "Meddle". Nata quasi casualmente, unendo numerosi frammenti musicali che i Pink Floyd non sapevano come elaborare individualmente, come altrettanto casualmente Wright aveva ottenuto il caratteristico suono di pianoforte con l'eco che la apre. La strofa cantata a due voci da Gilmour e Wright lungo una splendida progressione di accordi rimane sospesa senza un vero ritornello, sostituito dal caratteristico saliscendi della chitarra elettrica. La lunga parte strumentale, una jam di funk prog che trova un analogo nella suite di "Atom Heart Mother", viene interrotta dalle urla dei gabbiani simulati da Wright, che evocano ancora immagini marittime e riflessi di luce, si ricompone lentamente in un crescendo maestoso punteggiato dai piatti di Mason, finché non abbiamo una ripresa del cantato iniziale che ci conduce a un nuovo, pacato finale, evocativo della pace che si posa su un infinito mare calmo.
La natura improvvisata di "Meddle", le incertezze nella lavorazione di "Echoes", gli esperimenti di "One of these days", ne fanno l'ultimo disco dall'aria innocente di un gruppo che aveva probabilmente perso l'innocenza con Syd Barrett. La spontaneità delle idee e delle intuizioni lo rendono un capolavoro del progressive rock e un disco di una creatività assoluta. "Meddle" è l'ultimo album dell'era più generosa dei Pink Floyd: dopo il meraviglioso film dal vivo a Pompei, realizzato tra il 4 e il 7 ottobre del 1971, poche settimane prima dell'uscita di "Meddle", iniziano le elucubrazioni dramamtiche di Roger Waters, la visione normalizzatrice di David Gilmour, il blocco dello scrittore di Richard Wright, il lento distacco emotivo di Nick Mason. Saranno ancora capolavori, ma molto, molto diversi.
- Prog Fox
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