Nell'ottobre di cinquant'anni fa usciva "Message from the Country", quarto e ultimo album degli inglesi Move, ormai pronti a cambiare nome in Electric Light Orchestra.
(il disco completo con tracce bonus: https://tinyurl.com/yey5tx5h
Nel 1971, Ron Wood (voce, chitarre, tastiere, fiati), Jeff Lynne (voce, chitarre, tastiere) e Bev Bevan (batteria) sono pronti a fare il grande salto e cambiare nome da Move a Electric Light Orchestra, dopo avere perso il bassista Rick Price, non convinto dal nuovo progetto. La casa discografica non è molto contenta, visto che i singoli dei Move avevano ottime vendite, ma Ron Wood vuole segnalare con un nuovo nome il cambio del progetto dalla psichedelia beat dei primi Move al rock progressivo giunto con il terzo album "Looking On" (1970). La soluzione di compromesso è registrare un ultimo disco a nome Move prima di avere il permesso di incidere come Electric Light Orchestra.
Il lavoro su "Message from the Country" si sovrappone in parte a quello del primo disco della ELO, anche se Wood e Lynne decidono di provare a mantenere alcune separazioni stilistiche - i brani più sperimentali e influenzati dalla classica andranno sul primo album della ELO, mentre gli altri saranno pubblicati sull'ultimo album dei Move.
Preceduto dal singolo pop "Tonight", "Message from the Country" si apre col brano che da il titolo al disco, probabilmente il migliore dell'album: un fantastico prog rock cantato da Lynne e reso perfetto dalle elaborate sovrapposizioni di cori angelici che illuminano in modo creativo le varie sezioni del pezzo. Il pot pourri di generi prosegue da un lato con la ballata "No time", reminiscenza dei Beatles psichedelici, anche grazie a flauti stonati e chitarre harrisoniane, dall'altra con brani di matrice rock'n'roll, come il rockabilly presleyano di "Don't mess me up", scritta da Bevan, e i pezzi glam rock fiatistici "Ella James" e "Until Your Mama's Gone", dominati dalla presenza di Roy Wood, che nella seconda di esibisce anche in un lungo, caatteristico assolo.
Sulla seconda facciata troviamo ancora un brano fenomenale, il prog "It wasn't my idea to dance", praticamente costruito tutto su un poderoso basso metallico e sulla batteria, in primissimo piano nel missaggio, a cui Wood aggiunge una sofferta prova vocale e dei fiati dal sapore mediorientale. Lynne contribuisce due pezzi progressive come "The Minister" e soprattutto l'ottima "The Words of Aaron", un tempo medio incalzante dall'arrangiamento elaborato (cori beatlesiani, chitarre distorte, piano elettrico, sovrapposizioni di flauti), dalla pesante sezione ritmica e dall'atmosfera opprimente.
La linea comica dell'album viene affidata da un lato al batterista Bev Bevan, che canta il fake country "Ben Crawley Steel Company", oggettivamente molto più divertente e riuscito di quanto una descrizione simile potrebbe far credere; e dall'altro ai due minuti conclusivi di "My Marge", un breve vaudeville jazz senza particolari ambizioni.
Chiaramente un album di transizione, "Message from the Country" è un ascolto piacevole, caratterizzato da una varietà eccessiva, quasi schizofrenica, che ne è sia il maggior pregio che il maggior difetto. L'altro problema è che il gruppo non appare convinto al cento per cento di quello che sta facendo, probabilmente troppo preso dal contemporaneo lavoro per il suo successivo album, "Electric Light Orchestra", che uscirà appena due mesi dopo, assieme agli ultimi singoli a nome Move ("Chinatown" e "California Man").
- Prog Fox
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