Il 27 ottobre di quarant'anni fa viene stampato "Berlino Parigi Londra", sesto album dei genovesi Matia Bazar che vede Mauro Sabbione entrare come tastierista al posto del vecchio leader Piero Cassano. Il gruppo si dirige così verso lidi più synth pop e una nuova, entusiasmante fase creativa della propria carriera.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/pwtzwaa7)
Di svolte è fatta l’esistenza. Si cambia e si cresce, si fugge e si danno tagli netti, si smette con qualcosa o si comincia con qualcos’altro. Anche sulla scena musicale italiana, nonostante la sua proverbiale inamidatezza e il suo conservatorismo, le svolte storiche non sono mancate; quella che i Matia Bazar hanno compiuto al principio degli anni ’80 è una delle più note, e influenti. Ma prima, un passo indietro.
La band genovese, nata alla metà degli anni ’70, era in principio guidata dal chitarrista Carlo Marrale e dal tastierista Piero Cassano, principali autori delle musiche che avevano portato la band al successo: loro le firme in calce a classici come “Solo Tu” e “Cavallo Bianco” (di Cassano), “Stasera che sera” e “Ma perché?” (di Marrale); al basso stava Aldo Stellita, paroliere e ideologo nonché cuore pulsante del gruppo; Pier Giorgio Golzi, anche coautore di alcuni testi, sedeva alle pelli. E poi c’era lei, Antonella Ruggiero: una delle voci più straordinarie che la canzone italiana abbia mai prodotto, nonché coautrice di una parte minoritaria, ma significativa, delle tracce della band. Furono questioni personali tra lei e Cassano, pare, a spingere quest’ultimo fuori dal gruppo, per perseguire una carriera di producer e autore ricchissima e variegata: alcune sigle di cartoni animati entrate nell’inconscio collettivo (Pollon, per dirne una), ma anche le canzoni più famose di Eros Ramazzotti, oltre a diversi album di Mina. Al posto di Cassano entra nella band Mauro Sabbione, giovane tastierista e compositore di formazione classica, ma avvinto dalla fascinaziona per i sintetizzatori di nuova generazione, che stavano in quel momento diventando esponenzialmente più potenti e accessibili. Con un cambio così netto nella formazione, e con l’onda nuova proveniente dai paesi anglosassoni a scuotere il panorama musicale, i Matia Bazar entrano nella loro fase più creativa, oltre che di maggior successo.
Tra i numi tutelari del nuovo corso spiccano certamente gli Ultravox di Midge Ure, il cui synth-rock dall’afflato epico, intriso di lirismo, viene utilizzato come base per trasformare il pop della band in qualcosa che non solo era al passo coi tempi, ma aveva persino un piede nell’avanguardia; assieme a loro, gli Human League e persino gli sperimentalissimi Tuxedomoon vengono indicati come ispiratori. Marrale aggiunge strati di effetti alla sua chitarra e adatta il suo songwriting, spesso ispirato al calore della bossanova, alle atmosfere algide della “Vienna” di Ure e soci; Golzi affianca pad elettronici alle sue pelli; Sabbione si diletta con sintetizzatori di nuova generazione e con gimmick come l’alpha syntauri, suonato con una tastiera di computer. Il look della band cambia all’improvviso, abbracciando una new wave fumettosamente distopica, tra trench stile anni’40, occhiali da sole e capigliature aggressive: la svolta elettronica-postmoderna è servita.
“Berlino, Parigi, Londra” si rivela un disco originale, pionieristico: la paranoia da Guerra Fredda di “Fantasia” fa irruzione nella TV e nei jukebox italiani spiazzando pubblico e critica; brani come “Lili Marleen” e “Fortuna” flirtano con il nascente synthpop, mentre “Fuori Orario” farebbe invidia a Billie Currie, con il suo tiro genuinamente rock e la sua melodia accattivante. Sabbione ne è coautore, così come per lo strumentale “tangente la fusion” di “Astra”; l’altro strumentale, “Zeta” è invece interamente suo, un divertissement di piano barocco che aggiunge al disco un tocco di intellettualismo. “Io ti voglio adesso”, “Che canzone è” e “Stella Polare” sono invece ancora a firma Cassano, e sono incluse nel disco per ragioni contrattuali. Nonostante gli arrangiamenti nascondano in parte la loro estraneità al contesto, le (pur accattivanti) melodie dell’ex tastierista mal si sposano con il nuovo corso. Poco male: la formazione di BPL troverà di lì a poco la quadra, e segnerà in maniera profonda la storia della musica tricolore. Da band di grande successo e (relativamente) poca sostanza, i Matia diventeranno una delle punte di diamante degli anni ’80 italiani, e consolideranno il proprio successo sia in patria, sia a livello internazionale. Quella storia inizia qui, ed è bene ascoltarla con attenzione.
- Spartaco Ughi
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