domenica 1 ottobre 2017

Soundgarden: "Screaming Life" (1987)





Può un disco acerbo, rozzo, suonato in modo non proprio eccelso, pieno di difetti, registrato maluccio e prodotto peggio, un disco che in realtà non è nemmeno un disco ma un mini composto da sei pezzi per la durata complessiva di poco più di venti minuti, venire recensito su C'era una volta il rock? Certo che può!

Certo, a patto che si tratti di un prodotto di un gruppo veramente ma veramente figo, uno di quei gruppi entrati a pieno diritto negli annali e destinati a rimanerci. Stiamo parlando di "Screaming Life", esordio assoluto dei Soundgarden, pubblicato nel lontano ottobre del 1987 in tiratura limitata sole 600 copie, quando ancora la parola grunge non aveva nessun tipo di significato, in piena era del boom del patinato hair/glam/metal.

I Soundgarden videro la luce qualche anno prima, nel 1984, ovviamente a Seattle, la città natia di Chris Cornell, che mise su il gruppo assieme all'amico bassista Hiro Yamamoto con cui ai tempi del college mosse i primi passi con i The Shemps, gruppo con cui iniziò a prendere dimestichezza con il microfono e...la batteria. Eh già, agli albori, Cornell ricopriva il doppio ruolo di cantante/batterista. A completare la formazione dei Soundgarden, si aggiunsero Kim Thayil (che aveva già rimpiazzato Yamamoto al basso ai tempi dei The Shemps) nelle vesti di chitarrista e Scott Sundquist alla batteria. Quest'ultimo lasciò il gruppo due annetti dopo, il suo sostituto fu l'allora giovane sconosciuto Matt Cameron, batterista che non ha certo bisogno di presentazioni.

I Soundgarden muovono i primi passi nei localini di Seattle, e attirano l'attenzione di un dj locale, Jonathan Poneman, il quale si propone come loro manager e si offre di sborsare di tasca propria un contributo per produrre il loro futuro primo album. Comincia la missione per trovare un'etichetta, Thayil contatta un suo vecchio amico, Bruce Pavitt, il quale aveva appena fondato una sua piccola label, la Sub Pop Records. A questo punto possono cominciare i lavori per registrare il loro primo materiale. Qua comincia ufficialmente la loro carriera, ai Reciprocal Studio di Seattle, con un budget molto basso e un ingegnere alle prime armi, Jack Endino, che in un futuro non molto lontano diventerà producer anche di Nirvana e Mudhoney.

Nel 1987 i Soundgarden non avevano ben chiaro cosa volevano diventare da grandi, il loro sound era ancora derivativo, una miscela di punk/indie e hard rock settantiano, psichedelico e doomeggiante. Riff grezzi, profondi e acidi, basso rimbombante, sprazzi di ipnotica corrosiva psichedelia. Nonostante il senso di incompiutezza che accompagna tutti i pezzi sia ben presente, possiamo già notare come nei pezzi risaltino spunti che andranno poi a contraddistinguere le loro sonorità, tanti piccoli diamanti grezzi sparsi qua e là ancora da lavorare a dovere. Siamo soltanto allo stato embrionale del sound che caratterizzerà il gruppo e ne farà la loro fortuna negli anni novanta.

A svettare è l'ugola potente e corrosiva di Chris Cornell, il suo modo di cantare, un ibrido fra Plant e Ozzy, cattura subito l'interesse di parecchi discografici, in primis quelli della A&M Records, su cui due anni dopo il gruppo si appoggerà per pubblicare il secondo full lenght, il celebre "Louder Than Love".

In "Screaming Life" di pezzi di livello eccelso non ne abbiamo, si segnala soprattutto "Hunted Down", che assieme a "Nothing to Say" mette in risalto il mood sabbathiano con riff pachidermici e cavernosi il cui riverbero ti rimbomba nei timpani. In "Tears to Forget" affiora lo spirito punk del gruppo, 120 secondi netti di grezzo e rabbioso punk'n'roll senza fronzoli. "Entering" non è eccezionale, ma è un un pezzo molto interessante in prospettiva futura, tempi lenti e ossessivi cosparsi di feed psichedelici accompagnati da sornioni vocalizzi, alternati a repentine accelerate guidate da un Cornell capace di padroneggiare in modo encomiabile le proprie corde vocali facendo loro raggiungere vette siderali. Non molto tempo dopo, comincerà a prendere piede un nuovo sottogenere del rock, lo stoner, o desert rock come alcuni lo chiamano, i Soundgarden non è che ne siano stati i primi pionieri, ma il loro mix di rock, psichedelia e doom ricalca molto fedelmente gli stilemi che lo contraddistingueranno.

"Little Joe" è abbastanza diverso da quanto sentito finora, pezzo dall'inflessione funky mixata a un po' di sano new wave, nel complesso regala davvero pochi spunti degni d'interesse. "Hand of God" chiude l'ep, ironica presa per il culo verso i dogmi religiosi, si lancia nuovamente in sperimentazioni e ibridi doomy stroboscopici.

"Screaming Life" non è una tappa obbligata né per i fan di Cornell & Co. né tantomeno per gli estimatori del grunge, ma rimane comunque un interessante testamento musicale per poter conoscere il punto di partenza da dove tutto è cominciato.

- Supergiovane

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