sabato 9 settembre 2017

Blue Oyster Cult: "Spectres" (1977)

I Blue Öyster Cult continuano a macinare grande musica con "Spectres", disco del 1977 che prosegue la striscia eccezionale inaugurata col loro debutto del 1971, "Blue Öyster Cult", e comprendente "Tyranny and Mutation" (1972), "Secret Treaties" (1974) ed "Agents of Fortune" (1976). Sebbene quest'ultimo avesse raggiunto un maggiore successo commerciale rispetto ai precedenti, la band riesce anche con "Spectres" nella mirabile impresa di produrre del grande hard rock aggiungendo ulteriore varietà al sound senza snaturarsi né ripetersi.



Tutti e cinque i membri (il bassista Joe Bouchard e suo fratello, il batterista Albert, i chitarristi Eric Bloom e Donald Roeser, il tastierista-chitarrista Allen Lanier) compongono le musiche dei brani, facendosi occasionalmente aiutare nella stesura dei testi da amici e collaboratori (i produttori-manager Sandy Pearlman e Richard Meltzer; la cantante Helen Wheels, amica di Joe Bouchard; Ian Hunter dei Mott the Hoople; Bruce Abbott, amico d'infanzia di Roeser).

Il disco apre con un ottimo rock midtempo, "Godzilla", altra farsesca interpretazione delle leggende dell'horror in continuità con precedente opere del gruppo. "Golden Age of Leather", di Roeser come il precedente, e come il precedente da lui cantato, sposta leggermente il tiro verso un altro tipo di operazioni testuali tipiche dei BÖC: la descrizione di una faida apocalittica tra bande di motociclisti stanchi al termine 'dell'età d'oro della pelle' è infatti presentata seriosamente, ma il contenuto è evidentemente sarcastico e autoironico. Musicalmente il pezzo è strepitoso, multiforme: si apre come un coro di ubriachi, diventa un rock and roll midtempo con un riff memorabile e un minaccioso bridge in minore, accelera ancora verso un hard rock reso epico dai cori della band, interrotto brevemente da un improvviso, epicheggiante ralenti dominato dalla voce di Bloom. Il disco chiude poi con un inquietante coro angelico, che si contrappone a quello dell'apertura. Una intera gamma di idee in una manciata di minuti di musica.

"Death valley nights" è una riuscita power ballad fortemente influenzata dal blues, composta e cantata dal batterista Albert Bouchard; segue l'aggressivo, sardonico rocker "Searchin' for Celine", cantato da Bloom su parole e musica del pianista-chitarrista Lanier, che concepisce una ritmica inusuale per un brano arrangiato magistralmente - si ascolti la strepitosa coda con il solo maestoso del grande Roeser; completa il lato A la terribile "Fireworks" di Albert, inquietante, tremenda denuncia in versi di uno stupro - roba da far rovesciare le viscere per la capacità di suggestione delle parole e della musica cupa e bellissima che le accompagna.

Ripresici dallo shock, si apre il lato B con un rocker scanzonato, la divertente "R. U. ready to rock" ancora una volta di Albert ma cantata da Bloom; "Celestial the Queen" è la prima composizione del disco del bassista Joe Bouchard, con testo dell'amica Helen Wheels: si tratta di un rocker leggero e brillante, con un ritornello pop quanto basta per essere indimenticabile. Altro pezzo quasi pop, a fortissima ispirazione surf/sixties, fra battimani, tastierine, coretti, campane, un solo delizioso di Roeser e salite di tonalità, è "Goin' through the motions", composizione dello sguaiato Eric Bloom (assieme a Ian Hunter, noto come cantante-chitarrista dei Mott the Hoople) - vi starete stancando a sentire che è un pezzo ottimo, ma sto disco è tutto un altopiano, che ci volete fare, di pezzi non dico brutti ma anche solo mediocri non ce ne sono.

Gli ultimi due brani sono ancora una volta ottimi: "I love the night", terzo brano di Roeser, è una ballata struggente che si candida come brano migliore di tutto il lotto con le sue immagini lunari, notturne e malinconiche che descrivono uno strano incontro con una amante della notte, forse un vampiro o una strega. In alternativa le si può preferire il quasi-prog di "Nosferatu", seconda composizione scritta e cantata da Joe Bouchard (anch'essa con testo di Helen Wheels), un pezzo di rock solenne e maestoso che descrive la tragedia del nosferatu tra corali epici ("Only a woman can break his spell!"), riusciti riff di chitarra, un uso discreto e fondamentale delle tastiere, una incisiva sezione ritmica.

Ottimo seguito dello strepitoso "Agents of Fortune", "Spectres" resta forse il più evidente saggio del talento multiforme della band e dei suoi musicisti: senza essere virtuosi, i cinque BÖC sanno però perfettamente, con talento non comune, cosa fare e come essere stuzzicanti con i propri brillanti arrangiamenti. Senza la necessità di sfondare, i ragazzi si divertono e compongono in una marea di direzioni diverse, mantenendo un suono coeso, meno aggressivo e più indolente e sfrontato. Non si tratta di un disco fondamentale o innovativo, ma pieno di brani pazzeschi e consigliato sia ai fan della band sia agli amanti del rock classico, di cui è senza dubbio un sensazionale rappresentante.

- Prog Fox


(Per il disco completo potete andare qui: https://www.youtube.com/watch?v=VyvF2VVVaWc)

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