martedì 23 maggio 2017

Helloween: "Keeper of the Seven Keys I" (1987)


Con "Walls of Jericho" i tedeschi Helloween avevano iniziato il processo che, traendo spunto da Judas Priest, Yngwe Malmsteen, Iron Maiden, Manowar e Van Halen, avrebbe dato vita al power metal europeo. Reclutato il talentuoso diciannovenne Michael Kiske nel ruolo di cantante, poiché il chitarrista Kai Hansen non riusciva a occupare entrambi i ruoli dal vivo, la band si chiude in studio per registrare il nuovo album, con l'altro chitarrista Michael Weikath menomato e capace solo di dare un contributo parziale a composizione e registrazioni.
 
 

Dopo una breve intro, "I'm alive" (https://www.youtube.com/watch?v=heZQVYvHPsc) rappresenta il perfetto manifesto del power metal. La struttura ritmica è basilarmente una semplificazione dello stile dei pezzi più ritmati di Yngwe Malmsteen; la vocalità è mutuata su quella di Rob Halford dei Judas Priest, ma con un tocco personale di Kiske che verrà poi imitato da infiniti emuli. I cori epici saranno la base dell'epic metal, emanazione diretta del power. Non tutto però si riduce alle cavalcate epiche: il giovane Kiske firma l'ottima, preoccupata "A little time" (https://www.youtube.com/watch?v=l_bJVVpSi7k), che pur in una struttura di heavy metal che riprende hard rock melodico e power pop trova spazio per una sezione centrale quasi pinkfloydiana.

"Twilight of the gods" (https://www.youtube.com/watch?v=qd0MGxtfC3k) vede la band di nuovo proiettata sul power metal classico che sta fondando, con una intro di chitarra di Hansen che da sola avrà ispirato metà delle intro di Edguy e Stratovarius. Stupenda la sezione centrale del brano, con assoli di chitarra che si alternano nei toni e nello stile con gusto e fantasia. Segue l'unica composizione di Weikath a comparire sull'album, la blueseggiante "A tale that wasn't right" che vede anche gli Scorpions rientrare fra le influenze degli Helloween e che in qualche modo segue il pattern della ballad teutonica alla "Still loving you", classicone dei connazionali del 1984.

"Future World" prosegue il gioco delle influenze riprese e piegate al verbo degli Helloween: se inizia con un pattern ritmico e una strofa che potrebbero ricordare gli Iron Maiden, tutto diventa puro power metal alla Helloween quando arrivano bridge e ritornello, con Michael Kiske che si sgola sulle sue tonalità più alte.

Si arriva così all'ultima canzone del disco, l'epica cavalcata da 13 minuti di "Halloween" (https://www.youtube.com/watch?v=dtPs1QrMI1I), che è una sorta di compendio dell'album in chiave compatta, varia temi costantemente e vede Kiske e Hansen sugli scudi. Anche qui siamo in presenza di un pezzo che ha fatto la storia e che ha visto infinite emulazioni da parte dei gruppi successivi. Il brano è anche uscito come videoclip con durata ridotta (https://www.youtube.com/watch?v=yOAl0enE7kI).

Non c'è bisogno di aggiungere molto per un commento finale: le ispirazioni del sound degli Helloween sono chiare, così come l'influenza che "Keeper of the Seven Keys" ha avuto sul metal melodico è innegabile. Per completare la loro firma a fuoco nella storia del metallo pesante, gli Helloween l'anno successivo pubblicheranno il seguito dell'album, "Keeper of the Seven Keys, part II".

- Prog Fox
 
(qui l'expanded edition dell'album: https://www.youtube.com/watch?v=68lwA6EfSAo)

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