venerdì 3 febbraio 2017

David Bowie: "Earthling" (1997)

"Earthling" di David Bowie festeggia i 20 anni dalla pubblicazione. Disco controverso del Duca Bianco, ebbe recensioni piuttosto differenti all'uscita, molti furono confusi dalla direzione presa da Bowie con questo disco. E ora che è passato tanto tempo, in che modo collochiamo questo album nella vasta discografia del Nostro?




(disco completo qui sul Tubo:https://www.youtube.com/watch?v=J3GYLP_oJFc)




Gli anni ’90 del mai abbastanza compianto David Bowie sono stati piuttosto altalenanti: da un lato, uno dei suoi migliori album in assoluto viene proprio da quel periodo (stiamo parlando ovviamente di “Outside”, preceduto dall’ottimo “Buddha of Suburbia”) e la sua verve glam ebbe in quel decennio la sua ultima impennata. 

Dall’altro, tolti i dischi succitati sono pochi i lavori davvero essenziali del Duca nei ’90. Questo “Earthling”, per esempio, prova ad essere un disco al passo coi tempi, percorso com’è da spasmi jungle e drum’n’bass, battuto da tempeste di industrial rock di matrice chiaramente Nine Inch Nails, e in generale pronto a flirtare con qualsiasi genere che fosse cool al momento della sua uscita. L’alieno del rock si riscopre terrestre, e si fa immortalare di spalle, vestito coi colori dell’Union Jack, su un ameno sfondo paesaggistico (le campagne inglesi?), a voler affermare il suo ritorno in pianta stabile sui palcoscenici del rock planetario.

L’operazione, purtroppo, non riesce sempre, e il motivo è anche semplice da trovare: alle 9 canzoni che compongono “Earthling” manca spessissimo l’ispirazione visionaria che solo due anni prima, in “Outside”, sembrava quella dei tempi migliori.

Una buona metà dei brani (incluso il singolo “Little Wonder”) sono delle basi di elettronica furiosa, su cui Bowie adagia melodie troppo deboli e ripetitive e vocalizzi che sembrano quasi posticci, troppo flemmatici per tenere il passo con le basi jungle e drum’n’bass che costituiscono il cardine del disco. Ci si ritrova così con molti brani mediamente troppo lunghi (quasi tutti sopra i 5 minuti), in cui le poche idee vengono diluite e sfilacciate (“Battle for Britain”, “Telling lies”). Anche un brano psycho-elettro-rock potenzialmente intenso come “Seven years in Tibet” (https://www.youtube.com/watch?v=9ORAPdqpsRg) perde parte della sua forza per via della sua lunghezza esagerata.

Certo non mancano brani scintillanti: “Dead man walking” (https://www.youtube.com/watch?v=9CXnnjAXG0Q) è una notevole canzone trance-pop sulla falsariga del remix di “Hallo Spaceboy”, esaltante nei suoi saliscendi; il singolo “I’m afraid of Americans” (https://www.youtube.com/watch?v=t-rQTrj6JmM), poi, è una grandissima canzone industrial rock, impreziosita dalla presenza dell’amico Trent Reznor dei Nine Inch Nails, ed è forse l’unico pezzo davvero imprescindibile di questo disco (specialmente nella versione su album, più lunga e stratificata della radio edit). La conclusione, affidata a “Law (Eartlings on fire)” è di nuovo su coordinate trance, questa volta con le chitarre più presenti, ed è un altro buon pezzo (https://www.youtube.com/watch?v=OeUxps_7M0E); lo stesso si può dire di “The last thing you should do” (https://www.youtube.com/watch?v=JNtUJ2GtaSw).

Insomma, qual è il giudizio finale di questo “Earthling”? Un disco altalenante, dicevamo. Le poche buone idee presenti (e un pezzo straordinario come “I’m afraid of Americans”) non bastano a sollevare quest’album da un certo alone di mediocrità. Prova suprema che, anche se sei uno degli artisti più influenti del ‘900, non basta una produzione scintillante ed al passo coi tempi per migliorare delle canzoni non straordinarie. Difficile che questo disco vi faccia impazzire se non siete totalmente sfegatati.


- Spartaco Ughi

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